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Saggio

Gruppi bancari cooperativi e prevenzione delle crisi *

Concetto Costa, Ordinario di diritto commerciale

31 Marzo 2019

*Edito in Il Diritto fallimentare e delle società commerciali 3-4/2019
L’autore esamina la recente riforma italiana della normativa delle Banche di credito cooperativo, evidenziando caratteristiche, pregi e difetti del nuovo sistema dei Gruppi bancari cooperativi, alla luce soprattutto della stabilità del sistema e della prevenzione delle crisi.
Riproduzione riservata
1 . Lo stato attuale della riforma
Nel marzo del 2019 con l’autorizzazione da parte della Banca Centrale Europea del secondo gruppo bancario cooperativo italiano, e con l’avvenuta iscrizione dei due gruppi bancari nell’albo ai sensi degli artt. 60 e segg. del TUB, si è concluso il complesso iter della riforma del credito cooperativo italiano, iniziato con la legge 8 aprile 2016, n.49, in riforma del Testo unico bancario (artt. 33 – 37 ter, e 150 bis e ter) ed in conversione del D.L. 14 febbraio 2016, e proseguito con il D.L. 25 luglio 2018 (Milleproroghe), la L. 21 settembre 2018, n. 108, nonché con numerosi altri successivi provvedimenti normativi resisi necessari su specifici aspetti, e con le modifiche intervenute nel 2016 e 2018 alle Disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia, nella parte relativa alle banche di credito cooperativo (Parte terza, capitoli 5 e 6 della Circolare n.285 del 17 dicembre 2013, succ. agg.). Un iter normativo che ha comportato quella che può definirsi una riforma epocale del credito cooperativo italiano. Unico tassello ancora non definito riguarda le sole banche di credito cooperativo altoatesine (Casse Raiffeisen), che sono state autorizzate, in alternativa alla costituzione di un gruppo bancario cooperativo o alla adesione ad uno già costituito, alla creazione di un sistema istituzionale di garanzia (IPS, Institutional Protection Scheme), attualmente in corso di formazione.
2 . I tratti caratterizzanti le banche di credito cooperativo
Quale sia la struttura del gruppo bancario cooperativo, come configurato dalla riforma, è abbastanza noto. Le banche di credito cooperativo italiano hanno l’obbligo di aderire ad un gruppo cooperativo, pena, se già esistenti, la messa in liquidazione (e per quelle di nuova costituzione, se mai ve ne saranno, l’impossibilità di ottenere la licenza bancaria). La riforma ha consentito una way out, cioè la possibilità di non aderire al gruppo trasformandosi in società per azioni, solo alle Bcc di più rilevanti dimensioni con oltre 200 milioni di patrimonio, ma tale strada è stata seguita da una sola banca, avendo preferito le altre che ne avevano diritto rimanere nel mondo del credito cooperativo. Come è noto, le banche di credito cooperativo costituiscono da sempre un modello originale di banca, che contempera le caratteristiche dell’impresa bancaria con il modello cooperativo “puro”, quello della mutualità prevalente. In particolare in tali banche assume particolare rilievo la figura del socio, ed in particolare del socio-cliente, vige in assemblea il voto capitario, l’operatività è fondata sul principio della territorialità, e soprattutto non è presente lo scopo di lucro, ma gli utili vengono utilizzati in prevalenza per l’autofinanziamento e per scopi di beneficienza e mutualità. Trattasi in sostanza di banche che operano con il principale scopo della crescita economica, sociale e culturale del territorio in cui operano e delle comunità locali, pur dovendo rispettare peraltro tutti i vincoli e le regole della normativa bancaria. Tali caratteristiche, grazie anche all’impegno di Federcasse, l’organizzazione di categoria, sono state preservate nel lungo e tormentato iter della riforma, che ha mantenuto, pur nei limiti che vedremo, l’autonomia delle singole banche, che conservano la loro licenza bancaria.
3 . Le caratteristiche del gruppo
Le società capogruppo devono essere necessariamente società per azioni, mentre, come si è detto, le banche di credito cooperativo aderenti al gruppo mantengono la forma di cooperative a mutualità prevalente, quindi con il voto capitario (non escludendosi peraltro che del gruppo possano fare parte anche altre società, bancarie e non, in forma di società di capitali). L’impossibilità di porre in essere un “controllo” azionario da parte della capogruppo ha dato luogo alla realizzazione di un modello assolutamente originale, quello di un “gruppo contrattuale” del tutto particolare, e che comunque in Italia costituisce una assoluta novità. Il controllo è infatti esercitato tramite un “contratto di coesione” stipulato, secondo un modello standard approvato dalla Banca d’Italia, tra le singole Bcc e la capogruppo cui esse aderiscono. Tale contratto stabilisce gli obblighi reciproci nonché i poteri di direzione e controllo della capogruppo, con la conseguente applicazione tra l’altro della disciplina della “Direzione e coordinamento di società” di cui agli artt. 2497 e segg. cod.civ., in quanto “Le disposizioni del presente capo si applicano altresì alla società o all’ente che, fuori dalle ipotesi di cui all’art. 2497 sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole del loro statuto” (art. 2497 septies cod. civ.). Proprio la novità del modello adottato ha peraltro reso necessaria una fase di realizzazione concreta del modello che sta attualmente impegnando non poco i due gruppi bancari cooperativi ad oggi costituiti. Durante l’iter della riforma si è molto discusso circa la necessità di mantenere lo “spirito cooperativo” all’interno del gruppo, dal momento che la capogruppo deve necessariamente essere una società per azioni, quindi una società lucrativa. Tra le due anime, quella che riteneva opportuno far prevalere nel gruppo il modello imprenditoriale-lucrativo, e quella che voleva che comunque prevalesse lo “spirito cooperativo”, ha prevalso la seconda, pur in un quadro generale ove deve comunque essere privilegiata una impostazione imprenditoriale ed efficientista dell’attività. Ciò è stato realizzato anche tramite una presenza significativa e maggioritaria delle Bcc nel capitale della capogruppo, in deroga alla disciplina codicistica degli incroci azionari di cui agli artt. 2359 bis e segg. (art. 37 bis, sesto comma, del TUB), ed una presenza prevalente di loro rappresentanti negli organi amministrativi della capogruppo, ove comunque una parte significativa dei componenti deve essere costituita da soggetti “indipendenti” (l’art. 37 bis, comma 2 bis, del TUB prevede infatti che “Lo statuto della capogruppo stabilisce che i componenti dell’organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo siano pari alla metà più due del numero complessivo dei consiglieri di amministrazione”).
4 . Le motivazioni della riforma
Passando ad esaminare le motivazioni della riforma, fortemente voluta dalla Banca Centrale Europea, e volendo tentare una prima valutazione circa i risultati ottenuti, va rilevato che tali motivazioni possono sostanzialmente ricondursi a tre: a) necessità di prevenire le situazioni di crisi tramite strumenti di coesione e mutua assistenza all’interno del sistema delle Bcc; b) rafforzarne la governance e rendere più agevole il controllo da parte degli organismi di vigilanza bancaria; c) necessità di reperire capitali esterni al mondo delle Bcc. Il primo scopo può ritenersi a mio avviso raggiunto per quanto si dirà più innanzi, anche se solo il futuro potrà confermarci o meno il grado di resistenza alle crisi del sistema così realizzato. Ad onor del vero va peraltro sottolineato che il mondo del credito cooperativo è sempre riuscito, in passato, a risolvere al suo interno le crisi delle Bcc, senza ricorrere ad aiuti esterni e senza che mai vi siano state perdite da parte dei depositanti. La riunificazione delle banche in gruppi societari, inoltre, agevola sicuramente l’attività di vigilanza, che così va svolta su base consolidata, ed inoltre, potendo dare luogo (come per il Gruppo ICCREA, che riunisce oltre 140 Bcc, ed è oggi il quarto gruppo bancario italiano) alla costituzione di gruppi bancari significant può comportare la vigilanza diretta da parte della BCE. La previsione inoltre di particolari requisiti per gli organi sociali, di termini di durata massima delle cariche nonché di cumulo degli incarichi tende a migliorare la governance. Più problematica appare invece la realizzazione del terzo degli scopi della riforma sopra evidenziati. Un grave problema per le banche di credito cooperativo è sempre stato quello del reperimento dei capitali. La struttura di queste banche, i limiti alla partecipazione, il voto capitario, il divieto di distribuzione di utili se non in percentuali minime, hanno sempre costituito un grosso limite alla ricapitalizzazione. In un panorama ove queste banche hanno sovente una base sociale numerosissima, ma con quote di partecipazione di importo insignificante, unico strumento per incrementare il patrimonio (che, come è noto, nelle banche è non solo misura della solidità, ma anche limite alla operatività) è stato quello dell’autofinanziamento tramite gli utili realizzati, autofinanziamento certamente difficile negli anni della recente crisi economica. Appare difficile ipotizzare che lo scopo del reperimento di capitali esterni possa realizzarsi tramite il gruppo, ed in particolare tramite la capogruppo, nella attuale configurazione del gruppo bancario cooperativo. Lo “spirito cooperativo” del gruppo, peraltro per molti altri versi apprezzabile, la difficoltà di far confluire e realizzare utili alla capogruppo, la particolare governance, difficilmente consentirà di far affluire capitali imprenditoriali o di risparmiatori ai gruppi bancari cooperativi, se non capitali provenienti dallo stesso mondo della cooperazione, italiana ed internazionale, così come parimenti sarà difficile far confluire capitali dalla capogruppo alle banche del gruppo. Va altresì ricordato che è stata prevista la possibilità per le Bcc di emettere “azioni di finanziamento” analoghe a quelle di cui all’art. 2526 cod. civ., ma solo qualora versino in una situazione di inadeguatezza patrimoniale, ovvero siano sottoposte ad amministrazione straordinaria, e tali azioni, previa autorizzazione della Banca d’Italia, possono essere sottoscritte solo dai fondi di garanzia, dai fondi per la cooperazione e dalla capogruppo (art. 150 ter del TUB).
5 . I poteri della capogruppo
I rapporti tra la capogruppo e le banche del gruppo, cristallizzati nel contratto di coesione, sono ispirati, oltre che alla realizzazione delle economie di scala e dei benefici comuni che un gruppo può realizzare, alla necessità del rafforzamento del sistema ed alla prevenzione delle crisi. Negli ultimi anni infatti molte Bcc hanno manifestato segnali di crisi, non solo derivanti da incauta gestione (che spesso costituisce l’aspetto negativo della territorialità), ma anche da fattori esterni, come la crisi economica generale che ha portato ad una esplosione delle sofferenze bancarie (NPL, non performing loans), nonché l’enorme incremento dei costi amministrativi connessi all’aggravio di adempimenti previsti dalla normativa più recente (compliance, ICAAP e ILAAP, internal audit, antiriciclaggio, ecc.), costi non più sostenibili da parte di banche di piccole dimensioni. In tal senso vanno interpretati i rilevanti poteri della capogruppo che, pur in assenza di un controllo azionario, ma in base al contratto di coesione, può esercitare sulle banche del gruppo. Tali poteri sono proporzionali allo “stato di salute” della singola banca, e crescono man mano che la situazione economico-finanziaria della banca peggiora: in sostanza trattasi di un controllo soft sulle banche virtuose, volto soprattutto alla direzione e coordinamento, mentre diventa un controllo incisivo e sempre crescente, dotato di significativi poteri di intervento, ove la banca presenti delle anomalie. Le banche “virtuose” godono di ampia autonomia, pur se nell’ambito degli indirizzi strategici ed operativi della capogruppo, nella quale comunque vengono concentrate una serie di funzioni di controllo una volta esercitate all’interno delle singole banche, ed inoltre nominano in autonomia in assemblea i membri dei propri organi sociali, e solo per la maggioranza dei componenti è richiesto un “gradimento” della capogruppo (art. 37 bis, comma 3 bis, TUB, e Disposizioni di vigilanza BItalia). Per le banche meno virtuose invece il contratto di coesione, tra l’altro, deve stabilire, come stabilisce “i casi, comunque motivati, in cui la capogruppo può, rispettivamente, nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi di amministrazione e controllo delle società aderenti al gruppo e le modalità di esercizio di tali poteri” (art. 37 bis, comma 3, n.2, TUB, e Disposizioni di vigilanza BItalia), derogando così ai principi societari e prevedendo la possibilità di nomina e revoca di componenti di organi sociali in sede extra-assembleare. Potere questo connesso all’assenza di un controllo azionario e che trova fondamento nella previsione del primo comma dell’art. 37 bis TUB, ove si stabilisce che il contratto di coesione deve assicurare “l’esistenza di una situazione di controllo come definito dai principi contabili internazionali adottati dall’Unione Europea”, ed è proprio il principio contabile IFRS 9, da poco entrato in vigore, che stabilisce, ai fini del consolidamento, la necessità di rilevanti poteri in capo alla capogruppo in ordine alla nomina e revoca degli organi sociali delle società appartenenti al gruppo, indipendentemente dalla configurazione del gruppo medesimo. Anche il sistema di rilevazione dello “stato di salute” delle singole società del gruppo è sicuramente originale, in quanto esse vengono classificate, tramite un monitoraggio continuo, in classi di rischio tramite un sistema di early warning basato su una serie di indici tra cui i più significativi sono il rapporto sofferenze/impieghi ed il cost incom.
6 . Prevenzione delle crisi, fondi di garanzia e garanzie incrociate
La prevenzione delle crisi non è comunque basata soltanto sui controlli e sui poteri della capogruppo, ma su due importanti strumenti quali il Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo (FGD) ed il sistema delle garanzie incrociate. Il sistema del credito cooperativo ha un proprio fondo di garanzia ai sensi dell’art. 96 segg. TUB ed oggi della Direttiva europea DGS, fondo distinto da quello che riunisce tutte le altre banche italiane (FITD), e tale situazione è destinata a perdurare sino a quando verrà realizzato il “terzo pilastro” dell’Unione bancaria europea, con la costituzione del Fondo unico europeo, peraltro osteggiato da alcuni Stati. Il fondo di garanzia ha sempre svolto un importantissimo compito nella prevenzione delle crisi delle Bcc, operando con interventi preventivi, consistenti nel sostegno di fusioni e di acquisizioni di attività e passività, nell’acquisizione di sofferenze, in sostegni di vario tipo tendenti a risolvere le crisi, mentre di fatto il ricorso all’intervento tipico ma traumatico dei fondi di garanzia, il rimborso dei depositanti, è sempre stato così evitato. Tale importantissimo ruolo è di fatto venuto meno quando la Commissione europea, Direzione generale concorrenza, ha ritenuto che tali interventi non fossero consentiti in quanto aiuti di stato, nonostante la natura privatistica dei fondi italiani, alimentati solo con somme provenienti dalle banche, e ciò in quanto si riteneva che bastasse il carattere obbligatorio per legge dei fondi a far ritenere gli interventi degli aiuti di stato. La questione è stata riaperta a seguito del noto caso TERCAS, ove la Corte di giustizia (19 marzo 2019, casi T98/16 e T198/16) ha ribaltato la decisione della Commissione europea che aveva ritenuto l’intervento del FITD a sostegno della acquisizione della banca TERCAS in crisi da parte della Banca Popolare di Bari un aiuto di stato, riaprendo così le porte agli interventi preventivi di sostegno, qualora trattasi di interventi da parte di fondi che utilizzino esclusivamente risorse private. Una novità della riforma è invece il sistema delle “garanzie incrociate”. In base all’art. 37 bis, comma quarto, TUB, il contratto di coesione deve prevedere “la garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche aderenti, nel rispetto della disciplina prudenziale dei gruppi bancari e delle singole banche aderenti”. Trattasi di un sistema di garanzie incrociate che opera sia verso l’esterno del gruppo per le obbligazioni assunte dalle singole banche o dalla capogruppo, sia all’interno del gruppo con un sistema di “mutuo soccorso” concretizzantesi sia in un reciproco sostegno patrimoniale in relazione all’operatività ordinaria delle banche in bonis, sia in un sostegno alle banche in difficoltà, ma nei limiti del free capital di ciascuna banca (cioè del patrimonio non impegnato a copertura dei rischi propri di ciascuna banca) e secondo regole e parametri ben definiti. Ben si comprende peraltro come tale sistema possa costituire un valido ed adeguato strumento di intervento su criticità limitate, mentre potrebbe rivelarsi un pericoloso mezzo di propagazione della crisi qualora si verifichino criticità in numerose Bcc o in Bcc di rilevanti dimensioni.
7 . Considerazioni conclusive
In conclusione può affermarsi che ci troviamo di fronte ad un quadro molto complesso ed in continua evoluzione. L’esperienza del tutto nuova di un gruppo contrattuale sta ponendo problemi di uniformazione all’interno di un mondo che è sempre stato caratterizzato da notevoli diversità e da individualismo. Le modifiche statutarie ad oggi effettuate dalle banche a fini di uniformazione e di inserimento nel gruppo non sono certo da sole sufficienti a realizzare la necessaria uniformità, che va cercata soprattutto nelle regole, nelle prassi e nei processi. Basti in proposito ricordare la presenza di diversi sistemi informatici, assolutamente incompatibile con le esigenze contabili di un gruppo, e la cui uniformazione richiederà del tempo. Enormemente complessa è inoltre la gestione di gruppi composti da oltre cento banche delle più svariate dimensioni, per cui un futuro denso di fusioni appare inevitabile [1].



* Edito in Il Diritto fallimentare e delle società commerciali 3-4/2019

* Il presente scritto riproduce, con gli opportuni adattamenti, una relazione tenuta alla “Giornata di studi in onore di Gustavo Visentini. Problemi attuali di legislazione bancaria” il 29 marzo 2019 presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma.

Note:

[1] 
Nota bibliografica

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