Finanza prededucibile e composizione negoziata della crisi: il diritto alla certezza e l’incertezza del diritto
Luca Jeantet, Paola Vallino, Federico Roberi, Avvocati in Torino
10 Gennaio 2024
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Per poter compiutamente affrontare un esame dei più rilevanti arresti giurisprudenziali sul merito in esame – che oggi necessariamente rappresentano il termometro orientativo pratico per i professionisti coinvolti in operazioni di ristrutturazione del debito – è utile anzitutto delineare brevemente i tratti caratteristici della norma in parola. La norma, genericamente rubricata «autorizzazioni del tribunale», delinea la possibilità per l’imprenditore che abbia fatto accesso alla CNC di richiedere la concessione di finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 6 CCII al Tribunale competente, il quale, «verificata la funzionalità deli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori», può autorizzare (o meno) l’imprenditore in tal senso.
In altre parole, l’art. 22 CCII prevede alcune ipotesi di contrazione di finanziamenti prededucibili previste sub lettere da a) a d) del primo comma, indicando testualmente, prim’ancora e seppur con locuzioni ampie, l’oggetto delle valutazioni cui è chiamato il Tribunale in sede di concessione (o negazione) dell’autorizzazione: la funzionalità degli atti rispetto (i) alla continuità aziendale e (ii) alla migliore soddisfazione dei creditori[1]. Ma, prima di verificare questo profilo, è utile una breve considerazione sulla nozione di «finanziamenti», al fine di comprendere se essi includano o meno le linee di credito. A tal fine, non trattandosi ancora di questione specificamente affrontata dai giudici di merito, è utile fare riferimento a quanto rilevato dal Tribunale di Bergamo, il quale, in occasione di un arresto reso immediatamente prima dell’entrata in vigore del CCII, va- lutata la sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 22 CCII (già art. 10 del D.L. n. 118/2021), ha autorizzato il debitore a ottenere il finanziamento richiesto nella forma del factoring, così facendo rientrare tale figura all’interno della nozione di «finanziamento» di cui alla norma. In particolare, il Tribunale ha chiarito che «nell’ambito di un contesto degiurisdizionalizzato come quello della composizione negoziata della crisi, il legislatore ha inserito degli interventi giudiziali di carattere eventuale ed episodico, finalizzati, da un lato, alla protezione del patrimonio del debitore, nella fase di composizione negoziata […] e, dall’altro lato, a incentivare il finanziamento dell’impresa in condizioni di squilibrio economico e finanziario con una sorta di prenotazione della prededuzione»[2]. E, sulla scorta di tale premessa, ha ritenuto che «deve ritenersi che nel caso di specie la concessione di una finanza nella forma del contratto di factoring sia funzionale a supportare la continuità aziendale e ad evitare che la sospensione della normale attività di impresa si riveli fattore decisivo dell’evoluzione in insolvenza di una situazione di squilibrio economico e finanziario»[3].
Inoltre,sempre con riguardo alla nozione di «finanziamenti», a ulteriore riprova dell’attuale lettura giurisprudenziale ampia del termine utilizzato nell’art. 2, può ancora farsi riferimento a una recente pronuncia del Tribunale di Bologna, il quale ha motivato le sue decisioni sulla scorta del fatto che, come affermato nel parere favorevole dell’ausiliario chiamato ex art. 68 c.p.c., «l’erogazione di nuova finanza urgente a favore di […], descritta nella Seconda Istanza ex art. 22 C.C.I.I. datata 12 dicembre 2022, sia connotata da funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori sociali»[4]. E, in questo secondo caso, si evidenzia che, oltre alla linea di factoring, la ricorrente aveva anche richiesto al Tribunale di essere autorizzata a richiedere linee di credito anche in diversa forma tecnica.
Tanto premesso, è in tale contesto che il Tribunale di Bologna, in occasione di un recente arresto[5], ha specificamente affrontato il tema relativo all’oggetto della verifica che il giudice è tenuto a svolgere al fine dell’accoglimento (o meno) dell’istanza ex art. 22 CCII presentata dal debitore, dando una sua prima lettura interpretativa della norma, che fornisce a sua volta lo spunto per alcune riflessioni di carattere sistematico. Il legislatore, infatti, è ben conscio del fatto che il riconoscimento della prededucibilità al finanziamento in pendenza della CNC si pone come elemento – oltre che utile, – quasi sempre necessario, al fine di garantire all’imprenditore la finanza in funzione della prosecuzione dell’attività di impresa e del risanamento complessivo, assicurando, allo stesso tempo, il finanziatore sulla recuperabilità del medesimo in un contesto, quello della crisi di impresa, in cui è essenzialmente difficile, se non impossibile, ottenere nuova finanza per garantire la continuità.
Detto ciò, come è ovvio, non è però pensabile che tali finanziamenti, per il sol fatto di essere concessi a un soggetto che si è avvalso dell’istituto della CNC, possano vedersi riconosciuto un impianto garantuale tale da rendere pressoché certo il sacrificio integrale delle prospettive di recupero dei creditori coinvolti.
Il medesimo legislatore, infatti, seppur silente su eventuali limitazioni di carattere quantitativo e qualitativo alla costituzione di garanzie accessorie ai finanziamenti prededucibili, non è ragionevole che possa aver concepito un meccanismo che si spinga fino ad ammettere la possibilità di acquisire per i finanziatori garanzie tali da assorbire completamente il patrimonio a disposizione dei creditori cristallizzati alla data di apertura di una eventuale procedura e di quelli successivi a esclusione del finanziatore stesso, imponendo una simile operazione il rispetto di quel principio di tutela dei creditori di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c.
Ed è questo il profilo che i giudici bolognesi, in questo primo arresto, hanno maggiormente valorizzato quale parametro orientativo di partenza.
Ma, affrontiamo i singoli passaggi argomentativi da cui ha preso le mosse la pronuncia in esame.
Va anzitutto, e in via preliminare, chiarito dal punto di vista storico, che nel decreto dell’8 novembre 2022, il Tribunale di Bologna richiama il provvedimento con cui il medesimo Tribunale, in pari data, ha rigettato istanza ex art. 22 CCII del debitore, volta all’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili, enunciando alcune delle ragioni per cui detta istanza è stata rigettata; tale istanza è stata successivamente ripresentata dal medesimo debitore, anche e soprattutto a seguito di un proficuo avanzamento delle trattative, trovando poi positiva valutazione da parte del Tribunale che, con provvedimento del 9 gennaio 2023, l’ha accolta.
Appare dunque di interesse, ai nostri fini, analizzare le ragioni che hanno condotto il Tribunale di Bologna dapprima (con decreto dell’8 novembre 2022) a rigettare l’istanza ai sensi dell’art. 22 CCII presentata dal debitore, per poi (con decreto del 9 gennaio 2023) accoglierla.
In primo luogo, è opportuno porre in evidenza come il Tribunale di Bologna, nei provvedimenti in esame, non ha affrontato espressamente la «portata» dei presupposti prodromici alla concessione (o alla negazione) dell’autorizzazione richiesta dal debitore. A ogni buon conto, sul punto, e più in generale con riferimento all’ambito del sindacato del Tribunale in ipotesi di istanza ex art. 22 CCII, può farsi riferimento a quanto espresso dalla prevalente e condivisibile giurisprudenza, secondo cui «il vaglio del tribunale non può prescindere dalla verifica della sussistenza dell’elemento oggettivo su cui l’imprenditore ha avuto accesso a detta procedura, che è lo «squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza», e della verosimile probabilità che l’imprenditore possa perseguire il risanamento (art. 2, primo comma), in- tesa come non manifesta impossibilità di reversibilità dell’insolvenza, valutazione, questa, necessariamente da condursi esaminando (i) il piano di risanamento proposto e (ii) il complessivo fabbisogno finanziario del debitore. Entro tali precisi parametri va esaminata la strumentalità del finanziamento, da un lato, alla continuità aziendale, come esito prospettico dell’ipotesi di risanamento, e, dall’altro lato, alla migliore soddisfazione dei creditori, fondato su un giudizio di natura prognostica tra la situazione in cui non sia erogato il finanziamento e quella in cui l’impresa possa beneficiarne, ancorché gravata da un ulteriore e nuovo credito in prededuzione»[6].
Così stando le cose, il decreto citato non appare tuttavia coerente con l’oggetto del sindacato giudiziale in materia di finanziamenti prededucibili nella CNC, allorquando si afferma che «con riferimento alla finanza d’urgenza […] si deve osservare che, se si esamina il worst case dell’apertura della liquidazione giudiziale successivamente all’autorizzazione in oggetto, il rimborso della Finanza Urgente prededucibile privilegiata finirebbe per assorbire la garanzia patrimoniale della Società e l’attuale ceto creditorio si troverebbe di fronte un soggetto creditore (ovvero il soggetto finanziatore) antergato rispetto a tutti per un credito ammontante quanto meno a 8 Milioni di Euro; importo quest’ultimo comprensivo oltre che della somma da restituire di cui all’apertura di credito bancaria sottoscritta con [omissis] anche degli interessi nel frattempo maturati […]. Il che è la riprova che seppur silente su eventuali limitazioni di carattere quantitativo e qualitativo alla costituzione di garanzie accesso- rie ai finanziamenti prededucibili non è ragionevole che il legislatore possa aver concepito un simile meccanismo spingendosi fino ad ammettere la possibilità di acquisire per i finanziatori garanzie tali da assorbire completamente il patrimonio a disposizione dei creditori cristallizzati alla data di apertura di una eventuale procedura e di quelli successivi a esclusione del finanziatore stesso»[7].
Questa impostazione non appare, infatti, del tutto convincente, sia perché tale oggetto del sindacato non è previsto dalla norma, sia in ragione del fatto che, una volta che sia ritenuto plausibile il risanamento e, prim’ancora, il sottostante piano per attuarlo, non dovrebbe esservi spazio per introdurre condizioni ulteriori e meramente ipotetiche prodromiche al rilascio dell’autorizzazione ex art. 22 CCII. E infatti, spingendo all’estremo le conseguenze di un siffatto approccio, il giudice potrebbe comunque negare l’autorizzazione al finanziamento prededucibile, pur a fronte di un serio e fondato piano di risanamento (che per sua natura, comunque, ontologicamente sconta un certo margine di incertezza), sol perché in una futura e ipotetica procedura di liquidazione giudiziale la prededuzione e le garanzie a favore del finanziatore potrebbero «esaurire» le risorse a di- sposizione dei creditori «originari», così violando gli artt. 2740 e 2741 c.c. (norme peraltro la cui irrilevanza, ai fini della CNC, appare piuttosto pacifica, soprattutto se si accede alla tesi per cui la CNC non è una procedura concorsuale vera e propria).
È dunque anche per tali ragioni che si condivide pienamente l’osservazione di autorevole dottrina che ha osservato che il primo decreto del Tribunale bolognese, si preoccupa «soprattutto della tutela dei creditori nel caso di attuazione del piano oggetto delle trattative, non tanto sotto il profilo della possibilità di risanamento quanto piuttosto del rispetto dei di- ritti dei creditori secondo i fondamentali canoni dettati dagli artt. 2740 e 2741 c.c., questione questa che, come vedremo, è abbastanza eccentrica rispetto ai controlli che il legislatore prevede che debbano essere compiuti ai fini della conferma delle misure protettive»[8].
Ciò detto, nel successivo Decreto 9 gennaio 2023, il Tribunale di Bologna, ai fini dell’accoglimento dell’istanza ex art. 22 CCII, non ha valorizzato (sembra, non più e non tanto) il profilo della tutela del creditore, quanto piuttosto lo stato delle trattative, ritenuto essenziale, avendo affermato espressamente quanto segue: «decisiva ai fini della valutazione di fondatezza dell’istanza ex art. 22 CCII è l’analisi dello stato delle trattative in quanto proprio la considerazione che quest’ultime risultassero ancora a livello embrionale al momento della precedente istanza ne aveva motivato il rigetto»[9].
Ebbene, pur se neppure tale presupposto (ossia lo stato delle trattative) sia espressamente contemplato dalla legge, pare potersene condividere l’opportunità, rispondendo anche alla ratio generale che governa la CNC, che ha infatti senso e può produrre risultati solo ove vi sia uno sviluppo delle trattative tale che il debitore possa giungere, con l’accordo dei creditori (e, in generale, degli stakeholder coinvolti) al risanamento dell’impresa. Viceversa, non sarebbe utilmente giustificabile una istanza autorizzativa alla contrazione di finanziamenti prededucibili, pur in presenza di un piano di risanamento dotato di una sicura realizzabilità, che dipende comunque dall’accordo con il ceto creditorio, in un contesto di vere e proprie trattative il più possibile estese.
Tale conclusione pare sostanzialmente essere espressa, seppur in «seconda battuta», dal Tribunale felsineo, laddove ha affermato che la positiva valutazione sull’istanza ex art. 22 CCII è esprimibile, nella specie, «a fronte di un avanzamento delle trattative e una più chiara leggibilità del business plan con riscontri anche sul piano dell’attività di impresa medio tempore realizzata, sia in caso venga prospettata l’esigenza di un nuovo finanziamento che risponda ad altre e diverse emergenze. Anzi tale possibilità è pienamente coerente con un sistema votato al recupero dell’impresa con il limite invalicabile del maggior soddisfacimento dei creditori che si deve realizzare attraverso le trattative, la cui stessa definizione richiama plasticamente una modalità di raggiungimento dell’obiettivo mediante una dinamica evoluzione delle posizioni delle parti»[10].
E, nella medesima ottica, i giudici bolognesi sono giunti correttamente ad affermare che «diventa centrale nella valutazione da condurre nella parentesi giudiziaria attinente all’eventuale conferma delle misure protettive, non tanto il punto di partenza della procedura ma il punto di approdo e cioè il risanamento dell’impresa attraverso le trattative con i creditori»[11]: risanamento, che si può conseguire tanto mediante una continuità diretta quanto con una continuità indiretta[12].
Peraltro, come correttamente osservato anche in altro commento[13], gli elementi valorizzati in tale provvedimento Tribunale di Bologna risultano più coerenti – oltreché, peraltro, con ogni buona prassi ristrutturativa – con i principi generali che governano la CNC stessa. Muovendo dal razionale esaminato, infatti, i giudici bolognesi hanno correttamente confermato le misure protettive a favore di una società in stato di insolvenza «pur ritenendo il raggiungimento del risanamento di impervia realizzazione». E ciò per due ordini di ragioni: (i) l’avanzato stato delle trattative con i creditori, ritenuto sussistente nel caso in esame, che è stato considerato elemento imprescindibile della valutazione sulla ragionevole possibilità di risanamento; e, sotto diverso profilo, (ii) la conferma delle misure protettive è stata ritenuta preferibile ad alternative liquidatorie incapaci di soddisfare, se non in minima parte, le aspettative dei creditori.
Ciò detto, volendo passare all’esame di un ulteriore pronuncia in tema, va subito rilevato che la valorizzazione di un positivo stato di avanzamento delle trattative non pare tutta- via – allo stato e malauguratamente [n.d.r] – aver rinvenuto ulteriore riscontro nella successiva giurisprudenza di merito pronunciatasi in tema, la quale, come meglio si vedrà nel prosieguo, ha di recente individuato un inedito e composito perimetro per la valuta- zione che il Tribunale è tenuto a fare nelle ipotesi di istanza del debitore ex art. 22 CCII. In particolare, in un panorama in cui le pronunce sono limitate e caute, è il Tribunale di Genova a essersi dovuto anch’esso recentemente porre il problema di quale possa essere in concreto l’oggetto di verifica del Tribunale propedeutico all’accoglimento della domanda ex art. 22 CCII. E, in tale delicato frangente, in cui l’istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili era stata peraltro presentata da una nota squadra calcistica ligure con importanti implicazioni territoriali di tipo socio economico, il razionale che ha mosso l’attività interpretativa dei giudici liguri ha preso le mosse da due premesse di metodo: (i) l’imprenditore in CNC non subisce alcuna limitazione nel- la gestione dell’impresa, restando in sua potestà l’adozione di ogni atto di ordinaria o straordinaria amministrazione e, pertanto, (ii) l’autorizzazione in questione non attiene al finanziamento in sé, bensì alla particolare natura che al credito viene riconosciuta per il caso di successiva liquidazione giudiziale.
Muovendo da tali presupposti, il Tribunale ha quindi ritenuto che la propria attività di controllo debba vertere su un triplice versante: in primo luogo, i finanziamenti prededucibili devono essere funzionali alla prosecuzione dell’attività d’impresa; in seconda battuta, devono essere finalizzati alla migliore soddisfazione dei creditori e, da ultimo, devono sussistere ragionevoli aspettative di superamento della crisi e dell’insolvenza.
In questa ottica, nel recentissimo arresto, a seguito dell’enunciazione dei primi due requisiti suesposti, viene testualmente affermato che «al riscontro di tali requisiti deve aggiungersi il dovere del Tribunale di verificare la probabilità di successo del superamento della crisi di impresa alla luce della modalità indicata/prescelta dell’imprenditore con particolare riferimento alla sostenibilità dell’ulteriore finanza richiesta», evitando «che le nuove risorse finanziarie siano destinate ad essere bruciate nella prosecuzione sterile dell’attività che non offra prospettive future di effettivo risanamento». E, allo scopo, in modo del tutto innovativo, il Tribunale ha ritenuto «che tale accertamento richieda, in affiancamento, la nomina di un ausiliario come espressamente previsto dall’art. 22, comma 2, CCI che richiama l’art. 68 c.p.c.».
Ebbene, tralasciando il profilo relativo alla nomina dell’ausiliario, che esula dalla delimitazione dell’oggetto di esame del Tribunale, con riguardo al perimetro di valutazione da ultimo espresso dai giudici liguri, è quindi (anche o proprio?) la sostenibilità dell’indebitamento prededucibile a dover sostanzialmente guidare il Tribunale nel suo giudizio. Anche tale orientamento, che si inserisce nel «lieve» solco tracciato dal Tribunale di Bologna in occasione del primo arresto dell’8 novembre scorso, tuttavia non persuade. E ciò, anzitutto perché anche tale oggetto di sindacato non è previsto dalla norma di riferimento, e poi anche in ragione del fatto che, come detto, una volta che sia ritenuto plausibile il risanamento, il Tribunale non dovrebbe avere alcun ulteriore spazio per l’introduzione di diverse condizioni propedeutiche al rilascio dell’autorizzazione ex art. 22 CCII, avendo già passato in rassegna le possibili conseguenze che rischierebbero di verificarsi spingendo all’estremo le conseguenze di un tale ragionamento.
E, dunque, affrontati i principali arresti giurisprudenziali pronunciatisi in tema di finanza prededucibile nella CNC, ciò che sarebbe auspicabile in un contesto come quello attuale, in cui la giurisprudenza di merito sta svolgendo un fondamentale ruolo ermeneutico, è proprio un approccio che non si ponga tanto alla ricerca di requisiti inediti e non tipizzati, ma che piuttosto consideri la norma come parte di un più ampio strumento, quello della CNC, univocamente volto al risanamento dell’impresa e disciplinato da norme, di per sé stesse, in grado di garantire la miglior tutela anche (e soprattutto?) delle prerogative dei creditori coinvolti.
Note: