In tal senso, un caso studio significativo è rappresentato dall’ordinamento spagnolo, un sistema giuridico che ha aderito alla nuova tendenza del diritto concorsuale europeo con quasi un decennio di anticipo rispetto all’Italia, come evidenziato in dottrina.[6]
Il Legislatore spagnolo al fine di adempiere agli obblighi posti dalla Direttiva insolvency in capo agli Stati membri, a differenza dell’Italia, non si è tanto focalizzato nell’edificare un sistema di allerta interna ed esterna per far emergere tempestivamente lo stato di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario, lasciando l’emersione alla dialettica tra creditori e debitori e quindi, in definitiva, al libero mercato.
Maggiori sforzi sono stati diretti al rafforzamento di una tendenza già presente prima della recente riforma nella Ley Concursal (l’omologo della Legge Fallimentare) -in ultimo modificata con legge del 06/09/2022 (entrata in vigore l’01/01/2023) e confluita nel Texto Refundido de la Ley Concursal (TRLC)- assegnando un ruolo centrale allo strumento giuridico dei Piani di ristrutturazione -Planes de restructuración-, istituto di natura essenzialmente consensuale e riservando un ruolo del tutto marginale al Concurso, l’omologo della Liquidazione giudiziale, la cui istanza può essere presentata esclusivamente dal debitore stesso e dai creditori (oltre che dagli eredi del debitore).[7]
A differenza di quanto previsto dal CCII, quindi, la recente riforma del diritto spagnolo si è concentrata essenzialmente sulla sistematizzazione degli istituti a base negoziale con i quali risolvere delle situazioni di crisi o di insolvenza già venute alla luce per effetto della segnalazione dei creditori o del debitore stesso.
Dunque, l’ordinamento spagnolo, nonostante fosse riconosciuto già in precedenza come un sistema all’avanguardia nel panorama europeo per quanto riguarda lo sviluppo del diritto preconcorsuale,[8] ha ulteriormente modificato sistematizzando e potenziando gli strumenti di soluzione della crisi a base essenzialmente negoziale;
la centralità del diritto preconcorsuale nella disciplina per il governo della crisi d’impresa si desume, peraltro, dalla circostanza che nel nuovo testo (TRLC) un intero libro dei quattro che compongono il codice riformato sia dedicato esclusivamente agli strumenti di soluzione della crisi alternativi al Concurso e che lo stesso si intitoli “Del derecho preconcursal”.
La recente riforma,[9] infatti, con gli artt. 583 e ss. TRLC, prevede la possibilità, a fronte di una probabilità d’insolvenza (previsione di non poter far fronte regolarmente alle obbligazioni che scadono entro l’arco temporale di due anni), di un’insolvenza imminente (previsione di non poter far fronte regolarmente alle obbligazioni che scadono entro tre mesi) o perfino d’insolvenza attuale, di intraprendere trattative tra il debitore, nella persona dell’organo gestorio qualora si tratti di persona giuridica, ed i creditori al fine di raggiungere un accordo per ristabilire l’equilibrio economico- finanziario dell’impresa.[10]
La società in stato di squilibrio, dunque, comunica all’organo giudiziario che sarebbe competente per il Concurso la circostanza di aver intrapreso o avere intenzione di intraprendere delle trattative con il ceto creditorio per la stipulazione di un piano di ristrutturazione indicando, tra gli altri dati, i beni e diritti considerati necessari per garantire la continuità dell’attività d’impresa.
L’organo giudiziario, a seguito di un controllo di carattere esclusivamente formale, concede un termine di tre mesi (prorogabili a istanza di parte o dei creditori titolari di almeno il 50 % del passivo, per ulteriori tre ex art. 607 TRLC) nel quale è vietato l’inizio di esecuzioni individuali o la continuazione di quelle già iniziate sui beni e diritti individuati come necessari per garantire la continuità.
Per lo stesso periodo è stabilito, inoltre, il divieto di presentare istanza di apertura di Concurso da parte dei creditori ed esonera dall’obbligo di presentare domanda di liquidazione giudiziale in proprio da parte del debitore (dovere che ex art. 5 TRLC graverebbe sul debitore che si trovi in stato di insolvenza attuale).
Se, decorso il termine dei tre mesi (o quello maggiore concesso a seguito di accoglimento dell’istanza di proroga fino ad un massimo di sei mesi totali), il debitore non ha stipulato un piano con le percentuali di creditori richieste dalla legge, suddivisi in classi aventi interessi omogenei (almeno i due terzi dei crediti calcolati per capitale, salvo per i creditori titolari di garanzie reali per i quali occorre ottenere la sottoscrizione da parte dei tre quarti del credito), lo stesso è tenuto a presentare istanza di Concurso se si trova in stato di insolvenza attuale (art. 611 TRLC).
L’intervento giudiziale nell’applicazione di tale strumento giuridico è del tutto eventuale dal momento che vi è la possibilità di chiedere da parte del debitore e delle classi dei creditori all’autorità giudiziaria l’omologazione dei piani di ristrutturazione sottoscritti, ma è ben possibile stipulare Planes pienamente validi benché privi di omologazione (artt. 635 e ss. TRLC).[11]
L’omologazione del piano, infatti, dovrà essere richiesta quando quest’ultimo estenda i suoi effetti su creditori o classi dissenzienti, quando comporti la risoluzione di contratti stipulati dal debitore e quando si intenda rendere non revocabili in sede concorsuale gli atti, i finanziamenti, i pagamenti effettuati in esecuzione del piano.
L’intervento giudiziale, dunque, ha la funzione di realizzare effetti tipicamente giuspubblicistici, ad esempio il cross-class cramdown, non nella libera disponibilità delle parti, le quali, tuttavia, a fronte di un’elevata fiducia del ceto creditorio nella continuità dell’impresa, all’esito delle trattative, possono limitarsi a stipulare dei piani di ristrutturazione che saranno formalizzati con la sottoscrizione mediante atto pubblico al quale va allegata la certificazione dell’esperto della ristrutturazione se nominato (l’art. 672 TRLC prevede delle ipotesi tassative nelle quali l’organo giudiziario è tenuto a nominare un esperto), o, in alternativa, del revisore contabile che certifichi la sussistenza delle maggioranze richieste dalla legge per l’approvazione dei piani.
Peraltro, anche in sede di omologazione il controllo dell’autorità giudiziaria è limitato esclusivamente al piano formale, essendo sufficiente ai fini dell’omologazione la non manifesta mancanza dei requisiti formali e materiali richiesti risultante dalla documentazione allegata, ai sensi dell’art. 647 TRLC, ad esempio, il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste o il non ricorrere dello stato d’insolvenza; non vi è, tuttavia, un vaglio sul merito in questa fase.[12]
Un effettivo controllo sul merito si ha solo in sede di impugnazione del provvedimento di omologa. Tale assetto che prevede un controllo più pregnante dell’autorità giudiziaria a posteriori, solo dopo che il plan de reestructuración sia stato omologato, è sintomatico dei due capisaldi intorno ai quali si è sviluppato l’ordinamento preconcorsuale spagnolo: il principio del “minimo intervento giudiziale possibile” e quello della “massima flessibilità”.
È dunque evidente come il sistema spagnolo tenda ad assegnare il compito dell’emersione anticipata della crisi d’impresa ad una dialettica costante e ad una collaborazione fattiva tra il ceto creditorio ed il debitore più che ad un regime di responsabilità gravante sugli organi di controllo della società e ad un ruolo di controllo ed impulso assegnato alla Magistratura inquirente.
Tale impostazione metodologica potrebbe in parte spiegarsi con l’adozione da parte dell’ordinamento spagnolo di un assetto societario monistico, per l’effetto l’organo di controllo è sovrapponibile sotto il profilo funzionale al collegio sindacale, pur essendo a tutti gli effetti un membro dell’organo gestorio.
D’altro canto, fin dall’introduzione del Real Decreto-ley 3/2009 l’ordinamento spagnolo ha ispirato le proprie riforme soprattutto attingendo all’esperienza dei modelli anglosassoni e segnatamente a quella degli Schemes of arrangement di matrice inglese, optando quindi per un modello informalizzato e con un margine di intervento giudiziale progressivamente minore nelle diverse riforme che si sono succedute nell’ultimo decennio con un crescente favore per le soluzioni concordatarie.[13]
Tale approccio risulta ulteriormente confermato nell’assetto riformato del TRLC di recente adozione, come testimoniato, ad esempio, dall’art. 640 TRLC che prevede la possibilità per i creditori di presentare istanza di omologazione di un piano di ristrutturazione anche contro la volontà dei soci della società debitrice laddove questa si trovi in stato di insolvenza attuale o imminente.
Sintomatico del diverso approccio nel recepire la Direttiva insolvency nei due ordinamenti è anche il diverso potere concesso all’organo inquirente.
Se il CCII, come accennato in precedenza, con l’art. 38 ha sostanzialmente tenuto inalterati i poteri del P.M. previsti nella Legge Fallimentare, in Spagna il Ministerio Fiscal non solo non ha il potere di presentare istanza di concorso, ma addirittura, se nel corso delle indagini si avveda della probabile sussistenza dei presupposti per l’apertura della procedura in capo all’indagato, è tenuto, ex art. 4 TRLC, a comunicarli ai creditori sociali affinché siano questi ultimi, se lo ritengono opportuno, a presentare istanza per la dichiarazione di fallimento.