Nel quadro della Direttiva Insolvency, il tema degli strumenti di allerta precoce si colloca sul piano delle misure previste dall’art. 1, comma 1, lett. c), secondo cui “La presente direttiva stabilisce norme in materia di […] c) misure per aumentare l'efficienza delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione”. Gli strumenti di allerta servono cioè, nell’impianto della Direttiva, ad incentivare il debitore a richiedere, appunto, in una fase precoce, l’accesso ai quadri (alle procedure cioè) e alle tecniche di ristrutturazione preventiva disponibili. E ciò in vista dell’obbiettivo di “aumentare l’efficienza” di tali quadri di ristrutturazione, dal punto di vista dell’interesse a che l’intervento sia il più possibile “precoce”, qui nel senso di “tempestivo”.
L’assunto alla base della tematica dell’allerta è del resto che la crisi di impresa, se non tempestivamente affrontata, è idonea alla progressiva distruzione dei valori coinvolti nella relativa attività, in pregiudizio di tutti gli interessi in gioco; e che per converso un intervento quanto più tempestivo di trattazione della crisi valga invece rispettivamente a massimizzare e proteggere quei valori ed interessi.
Nella Direttiva UE n. 2019/1023 ricorre al riguardo il termine inglese early, cui si è data la traduzione italiana di precoce (Die Frühwarnsysteme, nella traduzione tedesca; Outils d'alerte précoce, in quella francese).
La parola ha in italiano un significato generico, che denota il verificarsi di qualcosa prima di quanto sia normale e può avere sia un’accezione positiva (es.: un’intelligenza, un talento precoce) sia quella negativa di “prematuro” (es.: una senescenza precoce).
Sull’importanza della tempestività dell’intervento rileva anche il Cons. 22 della Direttiva: “Quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un'insolvenza imminente o, nel caso di un'impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione”. Prosegue il Cons. 22 che “È opportuno pertanto […] predisporre uno o più strumenti di allerta precoce per incoraggiare i debitori che cominciano ad avere difficoltà finanziarie ad agire in una fase precoce”. Di rilievo anche il cons. 24: “È opportuno che i debitori, comprese le persone giuridiche e, ove previsto dal diritto nazionale, le persone fisiche e i gruppi di imprese, possano disporre di un quadro di ristrutturazione che consenta loro di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, quando sembra probabile che l'insolvenza possa essere evitata e la sostenibilità dell'attività assicurata”.
In tal senso, la fase di intervento deve essere precoce, ma non prematura. Così, da un lato (cons. 24, Direttiva), “Un quadro di ristrutturazione dovrebbe essere disponibile prima che il debitore diventi insolvente ai sensi del diritto nazionale, ossia prima che soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per avviare procedure concorsuali per insolvenza, che di norma comportano lo spossessamento totale del debitore e la nomina di un curatore”. Dall'altro, “Onde evitare abusi dei quadri di ristrutturazione, è opportuno che le difficoltà finanziarie del debitore presentino una probabilità di insolvenza”, scongiurando interventi prematuri in situazioni in cui non v’è in effetti necessità di una ristrutturazione, né quindi, fra l’altro, di imporre ai creditori non consenzienti quelle rinunce che i profili di concorsualità di alcuni quadri di ristrutturazione preventiva, come i concordati preventivi ed oggi anche e sempre più gli accordi di ristrutturazione, sono idonei a far subire.
In termini coerenti con quanto precede, l’art. 3, comma 1, Direttiva n. 2019/1023 dispone che gli strumenti di allerta precoce debbano essere “in grado di individuare situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza e di segnalare al debitore la necessità di agire senza indugio” (corsivo ns.).
In vista di tale obiettivo, si tratta dunque ed anzitutto di far sì che la crisi sia riconosciuta ai suoi albori, sulla base di indizi sufficientemente univoci e oggettivamente indiscutibili, per ciò stesso idonei a ridurre i margini di opinabilità circa il ricorrere dei presupposti giustificativi di un intervento di ristrutturazione dell’impresa e della sua situazione debitoria. Al tempo stesso, occorre che gli indicatori di crisi prescelti corrispondano ad una fase adeguata dell’impresa in difficoltà [5], idonea a fungere da presupposto di attivazione dei meccanismi di allerta senza: da un lato, suscitare allarmi indebitamente precoci, tali da seminare ingiustificate paure nel mercato e provocare, anziché scongiurare, un aggravamento della crisi [6]; dall’altro di intervenire quando è ormai troppo tardi e l’impresa precipita inarrestabilmente verso l’insolvenza.
In tal senso, la scelta compiuta già dalla legge delega n. 155/2017 e poi dal CCII è stata quella di distinguere gli indizi della “crisi” – definita all’art. 2, lett. a), CCII come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore” – idonei a far scattare gli obblighi di segnalazione posti, da un lato, a carico degli organi interni di controllo e gli oneri di attivazione da parte dell’imprenditore; dagli indicatori, dall’altro lato, che fungono invece da presupposto dei doveri di segnalazione in capo a creditori qualificati.
Quanto al primo ordine di indizi, com’è noto, la loro individuazione ha luogo mediante rinvio ai parametri stabiliti per la valutazione di tempestività dell’iniziativa assunta dall’imprenditore, rilevante onde accedere alle misure premiali in tal caso previste: parametri oggetto di una specificazione ex ante affidata dall’art. 13, comma 2, del CCII, al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili con elaborazione a cadenza almeno triennale degli indicatori della crisi in discorso, da realizzarsi in modo distinto per ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., e dovendo tener conto delle “migliori prassi nazionali ed internazionali”. Di natura diversa dai precedenti sono gli indicatori della crisi, posti dalla legge delega quali innesco dei doveri di allerta posti a carico dei creditori pubblici qualificati: il riferimento è qui al “perdurare di inadempimenti di importo rilevante”, dando rilievo al dato quantitativo dell’indebitamento, con evidente intento semplificativo dell'applicazione [7].
Tutto considerato, si tratta di una disciplina articolata in guisa da tener già conto delle istanze dialettiche indicate dalla Direttiva 1023/2019.
Semmai, occorre comprendere se l’individuazione del presupposto di attivazione delle misure di allerta, che il CCII individua nella “crisi”, come sopra definita all’art. 2 lett. a), possa o debba essere ulteriormente precisato (ed eventualmente ampliato) onde meglio coincidere con quelle “situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza”, che l’art. 3, comma 1, della Direttiva contempla quali oggetto degli strumenti di allerta precoce [8]. Su questa via sembra collocarsi ora l’art. 2, comma 1, d.l. n. 118/2021, nell’individuare quale presupposto di accesso del debitore al nuovo strumento della “composizione negoziata” ivi previsto le “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza”: dizione della quale si è colta l’idoneità ad intercettare “anche le situazioni di ‘pre-crisi’”, cioè “la c.d. twilight zone, fase economico-temporale della vita dell’impresa che precede la crisi vera e propria” [9], così da poter affrontare le stesse crisi d’impresa (non solo le insolvenze) precocemente, anche prima cioè che si siano come tali effettivamente delineate[10].
Altra cosa è la valutazione di tenuta degli indicatori di crisi in discorso rispetto ad uno scenario straordinario come quello drammatico della pandemia da Covid-19, idoneo a compromettere la stessa capacità selettiva dei parametri prescelti o a renderne destabilizzante l’applicazione, nel pieno di una inusitata e imprevista turbolenza economica: quella stessa valutazione, che ha motivato i ripetuti rinvii dell’entrata in vigore della nuova disciplina, in attesa di orizzonti migliori e più adatti all’innesto senza soverchi traumi o perfino esiti fallaci del sistema nazionale dell’allerta per la crisi d’impresa.