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Coronavirus e concordato in bianco*

Stefania Grasselli, Giudice Delegato nel Tribunale di Cremona

3 Maggio 2020

*Contributo estratto da Dalla Crisi all’emergenza: strumenti e proposte Anti-Covid al servizio della continuità d’impresa, 2020, ebook presente in versione integrale nella sezione La Rivista/Speciali
Il saggio disamina come il legislatore dell’emergenza abbia inteso fronteggiare i riverberi che l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha avuto sulla procedura del concordato preventivo, soffermandosi, in particolare, sulla cd. fase in bianco ed osservando, quindi, i diversi approcci giurisprudenziali che si sono affacciati allo scopo di venire incontro alla ratio legis sottesa agli interventi.
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1 . Premessa
Quello che abbiamo ormai imparato a conoscere come COVID-19, nome familiare ma giammai amico, sembra non far sconti a niente e nessuno. 
Nato come emergenza epidemiologica, sta sortendo effetti notevoli anche sul fronte dell’economia, con riflessi non solo nazionali.
Tale sconvolgimento, se è evidente nelle attività produttive in bonis, ha un effetto forse ancor più sensibile su quelle realtà imprenditoriali che, già in stato di crisi, necessitano di accedere a forme concorsuali per la definizione della loro situazione debitoria.
Circostanza, questa, oggetto di molteplici interventi da parte del nostro legislatore che, con un susseguirsi di normative emergenziali, è andato ad agire, prima genericamente, poi nel dettaglio, anche sulla disciplina delle procedure concorsuali.
Tuttavia, a fronte di un’iniziale ingerenza puntiforme, comprensibilmente dettata dall’esigenza di essersi trovati a gestire una situazione tanto inaspettata quanto smisurata, si auspica che i prossimi interventi saranno caratterizzati da maggiore unitarietà e coerenza interna, nonché ispirati ad una logica pragmatica e realistica, finalizzata a dare risposte concrete e non suscettibili di variegate interpretazioni [1].
2 . Quadro normativo
In considerazione del susseguirsi dei diversi interventi d’urgenza, appare opportuno, primariamente, ricostruire il quadro normativo in cui ci si muove, per andare, poi, ad analizzare gli adempimenti che caratterizzano la fase “in bianco” del concordato e vedere come ne sono stati influenzati[2].
Tutto è iniziato con il D.L. n. 11 dell’8 marzo 2020, contente solo 6 articoli aventi ad oggetto “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”, il cui art. 1 prevede il “differimento urgente delle udienze e sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari”, interessando il periodo che va dal 9 al 22 marzo 2020.
In particolare, durante il suddetto intervallo, “le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all'articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d'ufficio a data successiva al 22 marzo 2020” (comma 1).
A tale disposizione si accompagna quella del comma 2, in base alla quale nel medesimo periodo “sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo”.
Una tale formulazione, in assenza di ulteriori specificazioni, ha sin da subito sciolto le briglie ad una molteplicità di approcci interpretativi, soprattutto in materia concorsuale[3], poiché ci si è chiesti quale fosse l’impatto delle predette norme sui concordati preventivi, specialmente in pendenza dei c.d. “concordati con riserva” o “concordati in bianco” [4].
Mossi dalla necessità di dettare disposizioni uniformi, alcuni tribunali si sono espressamente pronunciati in ordine alla sospensione dei termini processuali nelle procedure concorsuali [5] ed, al fine di rimediare alla suddetta lacuna interpretativa, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella relazione accompagnatoria al disegno di legge per la conversione in legge del D.L. 11/2020, del successivo 11 marzo, ha espressamente specificato la portata generale della sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi attività processuale di cui al comma 2 dell’art. 1 del cit. D.L., dovendo considerarsi riferita a tutti i procedimenti e processi civili e penali pendenti, anche quando non sia fissata udienza nel periodo interessato[6].
Le disposizioni di cui al cit. D.L. 11/2020 (artt. 1 e 2) sono state abrogate dal successivo decreto c.d. cura Italia, il n. 18 del 17 marzo 2020, che va a disciplinare il periodo di congelamento allungandolo sino al 15 aprile 2020[7].
In particolare, all’art. 83 si specifica che nel periodo considerato, 9 marzo – 15 aprile, le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020, salvo le eccezioni ivi indicate al comma 3 [8] e che, sino alla stessa data, è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, ivi includendovi, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.
A fronte del rapido mutamento del quadro epidemiologico, infatti, si è ritenuto necessario prorogare il termine del 22 marzo al 15 aprile ed, in conseguenza dei diversi dubbi interpretativi sorti, il legislatore ha altresì avvertito l’esigenza di andare a meglio specificare alcune fattispecie, nonché a chiarire la ratio dell’intervento, riprendendo quanto disposto negli artt. 1 e 2 del precedente D.L. 11/2020 ed apportandovi le integrazioni necessarie per il completamento della disciplina emergenziale.
Invero, con il riferimento ai procedimenti civili e penali tout court, ha reso evidente la portata, definita “amplissima” nella stessa relazione illustrativa, che la sospensione deve avere, andando altresì a dilatarla oltre i confini del procedimento.
Infine, ad un mese dal primo intervento, l’8 aprile 2020 è stato pubblicato il D.L. 23/2020 che, oltre a prorogare il termine del 15 aprile fino all’11 maggio, per la prima volta, è andato a prevedere disposizioni specifiche in materia di concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione (art. 9) [9].
Al debitore che ha già ottenuto la concessione dei termini ex art. 161, comma 6, L. fall. ed eventualmente anche la successiva proroga, è stata data la possibilità di presentare, prima della scadenza, istanza per la concessione di un’ulteriore proroga, sino ad un massimo di 90 giorni, anche nei casi in cui sia pendente ricorso per la dichiarazione di fallimento [10]. 
Tuttavia, l’istanza deve indicare gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga, con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID – 19 ed il tribunale, acquisito il parare del commissario giudiziale se nominato, potrà concedere la richiesta proroga se ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi.
Si aggiunge, inoltre, che rimane ferma l’applicazione dei commi 7 e 8 dell’art. 161 L. fall..
In concreto, questo significa che il debitore che abbia presentato domanda di concordato in bianco ed a cui sia stata già concessa un’ulteriore proroga, anche in pendenza di istanza di fallimento, può godere non solo della sospensione dei termini processuali fino, attualmente, all’11 maggio, (per un totale di 63 giorni), ma potrà usufruire anche di un ulteriore lasso di tempo, di massimo 90 giorni.
Tale concessione, però, deve inevitabilmente passare attraverso una valutazione accurata da parte degli organi della procedura in ordine all’effettiva esigenza di proroga, potendo il tribunale anche diversamente calibrare il termine da concedere (“sino a novanta giorni”) [11]. 
Ci si chiede cosa accada nelle ipotesi in cui il primo termine previsto dall’art. 161, sesto comma, L. fall. non sia ancora trascorso alla data dell’8 aprile 2020. Delle due l’una: o si consente che la proroga ordinaria, motivata anche da ragioni connesse al Covid-19, possa estendersi sino a novanta giorni, oppure vi è da ritenere che il creditore possa chiedere la proroga ordinaria fino a sessanta giorni e poi avvalersi di quella straordinaria fino a novanta giorni ai sensi del quarto comma del cit. art. 9 [12].
Al fine di evitare atteggiamenti discriminatori determinati da circostanze esogene alla volontà del debitore, quale la decorrenza del termine originariamente concesso dal tribunale nel periodo considerato dal D.L., appare ragionevole la seconda opzione. Si consideri infatti che il debitore, in ipotesi di svolgimento fisiologico della procedura, ha diritto ad ottenere la seconda proroga, nei termini e con le modalità di cui all’art. 161 commi 6 o 10, L. fall., a cui il legislatore d’urgenza ha ritenuto opportuno aggiungere un’ulteriore dilazione, di natura eccezionale, sino a 90 giorni; accedere alla prima soluzione sarebbe, perciò, contrario al favor debitoris che ispira il legislatore, pregiudicandolo con la concessione di una sola proroga, che peraltro necessita di determinati presupposti giustificativi, ancorché fino a 90 giorni. 
Il tutto, altresì, in considerazione dell’attuale sospensione dei termini processuali, per cui il conteggio della prima scadenza ricomincia a decorrere dalla fine della sospensione ope legis (attualmente fissata all’11 maggio), a seguito della quale il debitore potrà chiedere la seconda proroga ex art. 161, commi 6 o 10 L. fall., nonché, successivamente, la proroga eccezionale dettata dalla decretazione d’urgenza.
Dunque, appare chiaro che il legislatore non vuol vedere nell’emergenza COVID-19 una sorta di “tana libera tutti”, ma l’intento è quello di congelare il più possibile le realtà, anche e soprattutto quelle in crisi, al fine di attendere il più generale andamento del mercato.
È probabile che, inoltre, le conseguenze dell’emergenza siano diverse a seconda della situazione su cui questa va ad impattare.
Prendendo ad esempio un’azienda che ha smesso da tempo la propria attività, produttiva o commerciale e che ha chiesto di accedere alla procedura di concordato preventivo per porre in essere la liquidazione dell’intero suo compendio: in questo caso l’emergenza potrà avere verosimilmente conseguenze in sede di esecuzione del concordato, ossia in considerazione di come il mercato reagirà all’esito dell’emergenza mondiale, a seconda della tipologia di settore in cui i beni dovranno essere allocati.
Tutt’altro scenario si potrebbe aprire qualora la volontà dell’imprenditore sia quella di presentare un concordato in continuità, in quanto, probabilmente, il settore di riferimento ha avuto un arresto senza precedenti, per cui il business plan predisposto, vuoi direttamente vuoi da parte dell’ipotetico affittuario, deve essere completamente rivisto perché basato su proiezioni non più ragionevolmente sostenibili.
Perciò, dalla lettura complessiva dell’art. 9 D.L. 23/2020, nei confronti del debitore che si trovi ancora nella fase del concordato in bianco emerge un atteggiamento piuttosto rigoroso [13].
Per vero, se si è in attesa dell’udienza di omologa, il debitore può presentare istanza o per depositare un nuovo piano, chiedendo un termine di massimo 90 giorni, o per modificare unicamente i termini dell’adempimento, potendoli far slittare sino a 6 mesi, a cui, tuttavia, non corrisponde alcuna particolare indagine da parte del tribunale diversa ed ulteriore da quella che deve già fare ex artt. 180 e 182 bis L. fall.[14].
È stata inoltre prevista, per la fase di esecuzione, una proroga ex lege di 6 mesi dei termini di adempimento in scadenza dal 23 febbraio al 31 dicembre 2021 [15].
Invece, il debitore che si trova ancora nella fase prenotativa, al fine di ottenere la proroga sino a 90 giorni per la presentazione del piano e della proposta, deve documentare e giustificare la richiesta sulla base di oggettive difficoltà conseguenti all’emergenza attuale, che devono essere oggetto di precipua valutazione da parte del commissario giudiziale se nominato e, quindi, del tribunale.
Tale atteggiamento si giustifica sulla considerazione che lo stato di crisi in cui versa adesso un soggetto imprenditoriale che ha già deciso di accedere alla procedura concorsuale, non è stata sicuramente generata dall’attuale lockdown, ma se quest’ultimo ne condiziona l’adempimento, deve esserne provato almeno il nesso causale.
3 . I termini sospesi
Dopo un’iniziale incertezza sull’applicabilità della sospensione dei termini processuali ed i successivi chiarimenti, alla luce delle indicate decretazioni d’emergenza di cui, tuttavia, si è in attesa della loro conversione in legge, è possibile andare ad individuare quali dei termini che interessano la fase “in bianco” del concordato preventivo possono essere considerati sospesi.
Prima dell’intervento del D.L. 23/2020, si sono registrati dubbi interpretativi circa l’operatività della suddetta sospensione rispetto agli obblighi informativi posti in capo al debitore dall’art. 161, comma 8, L. fall. [16], ma a seguito della specificazione sulla loro applicazione, ne appare evidente il superamento (art. 9, comma 4, ultimo periodo, D.L. 23/2020).
È chiaro che il famigerato COVID-19 ha gettato nel caos la quasi totalità delle attività aziendali, sia produttive che commerciali, anche se per motivi diversi (interruzione o diminuzione dell’attività, piuttosto che conversione della stessa), ma ciò non esime il debitore dal continuare a tenere al corrente gli organi della procedura in ordine alle conseguenze che tale calamità sta generando nella propria economia.
Anzi, a maggior ragione, vista l’inaspettata situazione di emergenza, appare più che mai necessario ed opportuno che il commissario giudiziale e, quindi, il tribunale, siano aggiornati su come tale circostanza abbia e stia ancora influendo sulla gestione aziendale di un soggetto già in crisi, anche in considerazione della molteplicità di ipotesi imprenditoriali che caratterizza il nostro tessuto produttivo.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che dal momento della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, il debitore entra sotto l’alveo protettivo di cui all’art. 168 L. fall., i cui benefici si stanno procrastinando, proroga dietro proroga, per un periodo di tempo abbastanza lungo e potenzialmente ancora prorogabile. Da qui l’esigenza di non utilizzare la tanto veritiera quanto generica copertura dell’emergenza COVID-19 come un tappeto sotto cui nascondere situazioni diverse e, probabilmente, non tutte meritevoli di tutela [17].
Peraltro, prevedendo l’art. 9 del D.L. 23/2020 che il tribunale può concedere la proroga ove ne ritenga sussistenti i presupposti, tale decisione non potrà non tener conto dell’adempimento degli obblighi informativi: solo in presenza di un costante monitoraggio circa l’attività posta in essere, le diverse necessità intervenute e le reazioni del debitore a fronte del più generale contesto emergenziale, il tribunale potrà valutare la meritevolezza dell’istanza.
Profilo differente può essere quello attinente al contenuto degli obblighi informativi. Come detto, infatti, a seconda della tipologia di attività, produttiva o commerciale, svolta e dell’intendimento dell’imprenditore (liquidatorio piuttosto che in continuità), le informazioni fornite al tribunale possono essere diversamente calibrate, con conseguente flessibilità di valutazione da parte degli stessi organi della procedura [18].
In particolare, in ipotesi di concordato liquidatorio con cessione dei beni, il debitore può limitarsi a fotografare la situazione corrente, ossia che non ha più svolto alcuna attività, essendo sufficiente l’allegazione degli estratti di conto corrente ovvero delle movimentazioni del periodo, al fine di evidenziare la stasi in cui si trova.
Discorso diverso ed, ovviamente, di maggiore interesse ove il debitore intenda proporre un concordato preventivo in continuità: in tal caso, dovrà rendere conto circa l’impatto che la situazione emergenziale sta avendo sulla sua specifica attività, in quanto non è scontato che la stessa abbia dovuto fermarsi o risentire dell’arresto del mercato, magari operando di un settore rimasto piuttosto uguale a se stesso.
Pertanto, qualora intenda continuare direttamente lo svolgimento dell’attività aziendale, sarà opportuno informare circa l’andamento della stessa, la possibilità di avere comunque un supporto amministrativo per la gestione ordinaria o l’eventuale necessità di porre in essere delle attività di straordinaria amministrazione, per le quali è sempre e comunque necessaria la previa autorizzazione del tribunale.
Ma anche nei casi di continuità indiretta spetterà al debitore informare gli organi della procedura circa l’andamento della gestione dell’affittuaria e, soprattutto, circa il corretto e puntuale pagamento dei canoni di affitto o qualsivoglia ulteriore utile informazione.
Indicazioni per le quali, si ripete, il debitore non per forza abbisogna di un complesso apparato amministrativo di supporto, anche in considerazione della necessità di ridurre al minimo gli spostamenti e di rendere il lavoro il più “agile” possibile [19]. 
Parimenti, anche la forma del deposito telematico da parte dell’advisor legale del debitore può momentaneamente essere sostituito con l’inoltro della relazione periodica e della relativa documentazione alla cancelleria fallimentare mediante posta elettronica certificata, stante l’obbligo della tenuta della p.e.c. normativamente imposto agli imprenditori, sia individuali che collettivi.
Pur tenendo conto di tutte le difficoltà del momento, dunque, l’attuale situazione non deve essere travisata ed utilizzata per porre in essere dei comportamenti pregiudizievoli per la classe creditoria [20].
A tal proposito, infatti, si può ricorrere a quell’indirizzo giurisprudenziale che, in materia concorsuale, attribuisce al silenzio una sua rilevanza ai fini della valutazione di comportamenti fraudolenti ex art. 173 L. fall., facendo rientrare tra i fatti “accertati” dal commissario giudiziale, non solo quelli scoperti perché prima del tutto ignoti nella loro materialità, ma anche quelli non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta concordataria e nei suoi allegati, i quali, ancorché annotati nelle scritture contabili, rivelino una valenza decettiva per i creditori [21].
Il silenzio, dunque, può rilevare ai fini della revoca del concordato preventivo quando è funzionale a fornire ai creditori informazioni fuorvianti, al fine di manipolare il consenso di quelli votanti, così come può rilevare, in questo caso, qualora sia volto ad omettere informazioni che, se conosciute, avrebbero determinato un diverso andamento della procedura.
Passando ad esaminare ulteriori termini che ricadono nella fase del concordato con riserva, omogeneità di orientamenti, invece, si è registrata in ordine alla sospensione delle udienze in camera di consiglio di cui all’art. 162 L. fall. e degli eventuali termini concessi dal tribunale, salvo che quest’ultimo non ravvisi la necessità di dichiararne l’urgenza in considerazione di criticità da indicare caso per caso.
Del pari sospese devono essere considerate le procedure delle offerte concorrenti di cui all’art. 163 bis L. fall. che ricadono nel periodo considerato.
Tali procedimenti, invero, si inseriscono nel più ampio contesto delle procedure competitive per le quali, anche nel settore delle esecuzioni individuali immobiliari, è stata unanimemente disposta la sospensione, in considerazione di una molteplicità di fattori, qui mutuabili [22].
In primis, le procedure di vendita competitiva comportano tutta una serie di attività correlate (eventuale perizia stimativa di confronto, accesso e visita ai beni, accesso presso gli uffici per la partecipazione all’asta) che mal si conciliano con le regole del distanziamento sociale e del divieto di assembramento attualmente imposte.
Inoltre, il mercato, non solo nazionale, sta vivendo una fase molto delicata, patologica, per cui non sarebbe in grado di fornire quella risposta davvero competitiva per la quale è stato pensato l’istituto di cui all’art. 163 bis L. fall., essendo l’intero contesto falsato dalla particolare congiuntura che si sta vivendo.
Infine, appare opportuno analizzare la situazione del debitore che, in questo periodo, decida di depositare domanda di concordato prenotativa. Per vero, poiché continua a trovare applicazione la disciplina prevista per l’automatic stay, così come confermato anche nella relazione illustrativa del D.L. 23/2020, ben può il debitore decidere di godere dei relativi benefici.
Alla luce delle considerazioni sinora svolte, dunque, il tribunale dovrebbe prevedere una diversa decorrenza dei termini, imponendo degli obblighi informativi che devono essere ottemperati a prescindere da qualsiasi altra determinazione ed, al contempo, assegnando il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione che inizierà a decorrere dalla fine della sospensione, attualmente fissata all’11 maggio.
4 . Considerazioni conclusive
Alla luce di quanto indicato, analizzando non solo il contenuto letterale della decretazione d’emergenza che si è succeduta ma anche la ratio generale ad essa sottesa, come più volte evidenziata, soprattutto nelle relazioni accompagnatorie, si evince come si sia voluto congelare la situazione pendente, al fine di non aggravare ulteriormente la condizione dei debitori già in stato di crisi[23].
A fronte di una paralisi dell’intero sistema, che involge diversi punti di vista, bancario, amministrativo, professionale, pretendere la prosecuzione di quelle disposizioni pensate per una soluzione fisiologica della crisi appare del tutto irragionevole.
Accanto alle esaminate disposizioni, ad ogni modo, rimane sempre ferma, ovviamente, la possibilità di adire il tribunale per ottenere l’autorizzazione al compimento degli atti di straordinaria amministrazione che risultino urgenti e funzionali al successivo sviluppo della proposta e del piano.

Note:

[1] 
Anche in dottrina si è ravvisata la necessità di predisporre un corpo unitario di disposizioni volto a regolare in modo organico il complesso sistema delle procedure concorsuali, tout court intese. In particolare, si è fatto riferimento al cd. “diritto concorsuale dell’emergenza”, ovverosia un insieme di regole speciali, o meglio eccezionali, valide almeno sino alla fine del 2020. Si tratta di un pacchetto di disposizioni che dovrebbero riguardare, inter alia, (i) i criteri di valutazione delle poste di bilancio, (ii) la neutralizzazione delle norme in tema di capitale e di scioglimento della società, (iii) lo spostamento in avanti dei termini di adempimento delle obbligazioni dei debitori per i quali è in corso uno degli strumenti di regolazione della crisi (ma da compensare con vantaggi fiscali per i creditori che vedono ritardato l’incasso dei loro crediti), (iv) maggiori e agili agevolazioni nei finanziamenti alla ristrutturazione, (v) rimodulazione temporale dei procedimenti concorsuali. Resta, sullo sfondo, un tema molto delicato e cioè quello della “colpa” nella causazione del dissesto; è a tutti noto che nella nostra tradizione civilistica la non colpevolezza nella causazione del dissesto è fatto irrilevante. Forse questo feticcio andrebbe abbattuto, transitoriamente, ma il tema va affrontato con enorme cautela perché non si corra il rischio di condotte abusive.”, M Fabiani, Il Codice della crisi al tempo dell’emergenza Coronavirus, in www.quotidianogiuridico.it, 27 marzo 2020.
[2] 
Una lettura articolata e sistematica del quadro normativo emergenziale si rinviene soprattutto in C. D’Arrigo, G. Costantino, G. Fanticini e S. Saija, Legislazione d’emergenza e processi esecutivi e fallimentari, I quaderni di in Executivis, su www.inexecutivis.it.
[4] 
Nell’intero contenzioso civile sono sorti dubbi in ordine all’applicabilità generalizzata della sospensione dei termini processuali. Poiché il comma 2, nel prevedere la sospensione dei termini, fa riferimento al compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, da più parti si è inizialmente ritenuto che la sospensione dei termini processuali potesse essere applicata solo in ordine a quei procedimenti le cui attività di udienza ricadevano nel periodo di sospensione stessa (9 – 22 marzo), non verificandosi in tutti gli altri procedimenti. Di segno contrario è stato l’approccio in base al quale una tale interpretazione avrebbe determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra procedimenti a seconda del tempo in cui si colloca l’udienza: se è vero che si è ritenuto opportuno provvedere non solo al rinvio delle udienze ma anche alla sospensione dei termini processuali, sarebbe più ragionevole che la sospensione operi in ordine a tutti i procedimenti, civili e penali e non solo per quelli che abbiano udienze comprese tra il 9 ed il 22 marzo. A sostegno di tale tesi vi è il leit motiv che muove l’intera legislazione d’urgenza, che è quello di predisporre misure organizzative che non precludano la prosecuzione dell’attività giudiziaria nelle ipotesi ritenute urgenti ma che, al tempo stesso, evitino assembramenti, così da garantire l’attuazione delle misure igienico-sanitarie imposte per far fronte all’attuale emergenza epidemiologica. 
[5] 
Presso Trib. Cremona, con decreto presidenziale del 10 marzo, sono stati dichiarati sospesi sino al 22 marzo 2020 i termini per il deposito dei piani di concordato ex art. 161 comma VI L. fall. - salva l’ipotesi di pendenza di procedure prefallimentari - nonché per il deposito degli accordi di ristrutturazione dei debiti; presso Trib. Bergamo, con ordine di servizio dell’11 marzo del Pres. della Sez. Procedure esecutive e concorsuali è stata ritenuto applicabile la proroga d’ufficio dei termini per il deposito della documentazione ad integrazione del ricorso in bianco, fermi gli adempimenti informativi di cui al comma 8 dell’art. 161 L. fall. ed ha altresì ritenuto applicabile la sospensione dei termini per le modifiche delle domande di concordato, per il deposito delle relazioni ex art.172 L. fall. e per le adesioni alle proposte di concordato; presso Trib. Forlì, con il decreto del 10 marzo ha chiarito che tra i procedimenti civili pendenti i cui termini restano sospesi devono essere fatti rientrare anche le domande di concordato preventivo in cui è pendente il termine ex art. 161, comma 6, L. fall., con conseguente proroga di diritto dei termini già concessi per l’arco temporale di 14 giorni; presso Trib. Novara, con decreto del 10 marzo si è precisato che sono assoggettati a sospensione/rinvio anche i termini per il deposito delle domande di insinuazione al passivo, per le impugnazioni ex art. 99 L. fall., per il deposito dei piani di concordato ex art. 161, comma VI, L. fall., nonché per il deposito degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
[1] Una disamina delle problematiche connesse alla sospensione dei termini e alle relative eccezioni è stata immantinente resa da A. Panzarola, M. Farina, L'emergenza coronavirus ed il processo civile. Osservazioni a prima lettura, in Giust.Civ.com, 18 marzo 2020. 
[6] 
Una disamina delle problematiche connesse alla sospensione dei termini e alle relative eccezioni è stata immantinente resa da A. Panzarola, M. Farina, L'emergenza coronavirus ed il processo civile. Osservazioni a prima lettura, in Giust.Civ.com, 18 marzo 2020.
[7] 
In tema v. M. Giorgetti, Covid-19 e procedure concorsuali: disciplina e prospettive future, in Il Fallimentarista, 2 aprile 2020. 
[8] 
Tra le eccezioni enucleate nell’art. 83, comma 3, lett. a), D.L. n. 18/2020, che ricomprendono una serie di procedimenti in cui sono implicati i diritti della persona, non vi è riferimento alcuno alle procedure concorsuali. Queste ultime, quindi, conformemente alla prevalente interpretazione che ne è stata data dai tribunali di merito, devono essere fatte rientrare nelle ipotesi di cui alla clausola di chiusura della norma, ossia in quelle in cui la ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. Pertanto, non viene riconosciuta una situazione di urgenza ex se alle procedure concorsuali, ma l’eventuale dichiarazione deve essere fatta dal giudice delegato ovvero dal tribunale, in considerazione delle caratteristiche del singolo caso concreto. 
[9] 
Per un commento a caldo in ordine all’approccio del legislatore che, ancora una volta, punta la propria scommessa sul debitore, riconoscendogli una peculiare condizione di temporanea irresponsabilità mediante concessione imperativa del fattore tempo, cfr. M Ferro, La sopravvivenza della legge fallimentare al Coronavirus: il limbo della giustizia concorsuale dopo il D.L. 23/2020, in www.quotidianogiuridico.it del 10 aprile 2020. 
[10] 
In generale, attraverso il sistema dell’allungamento dei termini si offre al debitore una ciambella di salvataggio per riallineare i piani di concordato – in fase di redazione - alla nuova situazione economica causata da circostanze esogene. Così si esprimono M. Irrera ed E. Fregonara, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del Coronavirus, in www.ilcaso.it
[11] 
A sottolineare l’assenza di automatismo, anche in considerazione dell’esplicito richiamo all’art. 161, comma 6, L. fall. e, quindi, al costrutto interpretativo che lo circonda, si è altresì ritenuto opportuno che l’istanza sia corredata da una illustrazione rappresentativa, da parte del debitore, dell’impiego che intende fare della dilazione temporale e, dunque, dalla rappresentazione, almeno per sommi capi, del nuovo piano o accordo. M. Ferro, Riapertura dei concordati e degli accordi di ristrutturazione: le proroghe eccezionali del DL 23/2020, in www.quotidianogiuridico.it del 14 aprile 2020.
[12] 
Sul punto M. Irrera ed E. Fregonara, cit. 
[13] 
L’art. 9 D. L. 23/2020 così dispone: “1. I termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2012 sono prorogati di sei mesi.
2. Nei procedimenti per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020 il debitore può presentare, sino all’udienza fissata per l’omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o di un nuovo accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il termine decorre dalla data del decreto con cui il Tribunale assegna il termine e non è prorogabile. L’istanza è inammissibile se presentata nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale è già stata tenuta l’adunanza dei creditori ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall’articolo 177 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
3. Quando il debitore intende modificare unicamente i termini di adempimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione deposita sino all’udienza fissata per l’omologa una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini, depositando altresì la documentazione che comprova la necessità della modifica dei termini. Il differimento dei termini non può essere superiore di sei mesi rispetto alle scadenze originarie. Nel procedimento per omologa del concordato preventivo il Tribunale acquisisce il parere del Commissario giudiziale. Il Tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, procede all’omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze.
4. Il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che sia già stato prorogato dal Tribunale, può, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui è stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi. Si applica l’articolo 161, commi settimo e ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
5. L’istanza di cui al comma 4 può essere presentata dal debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 182-bis, comma settimo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il Tribunale provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall’articolo 182-bis, comma settimo, primo periodo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all’articolo 182-bis, primo comma del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
[14] 
Non è escluso, in realtà, che l’impresa si trovi costretta, nel brevissimo tempo, a riformulare i piani aziendali e, conseguentemente, pure quelli concordatari, ridefinendo l'assetto dei contratti in corso e individuando soluzioni alternative per l'esecuzione delle prestazioni: v. S. Mattia - L. Saccone, Coronavirus, accordi commerciali: quando l'impresa è inadempiente, in Quotidiano IPSOA del 2 aprile 2020. 
[15] 
Per M. Ferro (Riapertura dei concordati e degli accordi di ristrutturazione cit.) questa prima parte dell’intervento, per l’assenza di eccezioni soggettive e l’ampiezza temporale, esprime un esempio di diritto dell’economia sbilanciato, ove fornisce certezza giuridica rinunciando ad ogni rappresentazione anche solo dubitabile della crisi da COVID-19, che pure dovrebbe esserne la matrice economica giustificativa.
[16] 
In assenza di ulteriori direttive, difatti, si sono contrapposte due soluzioni esegetiche.
A favore della tesi secondo cui la sospensione va estesa anche agli obblighi informativi, militano diversi argomenti.
Intanto, si ritiene che uno schema rigido come quello previsto dalla legge fallimentare, pensato all’interno di un contesto ordinario e fisiologico, non possa trovare idonea applicazione in una situazione di emergenza, prima sanitaria e, quindi, economica, come quella che stiamo vivendo.
In considerazione, poi, delle specifiche prescrizioni dettate in tema di limitazione degli spostamenti e di chiusura di alcune attività produttive e professionali, molti debitori in concordato preventivo possono essere stati costretti a chiudere completamente i cancelli, ovvero a ridurre la funzionalità degli impianti produttivi, nonché possono aver incontrato importanti difficoltà nel continuare a godere dell’apparato amministrativo che lo avrebbe normalmente coadiuvato.
Parimenti difficoltoso è mantenere i contatti con le figure professionali necessarie ed indispensabili per portare avanti gli obblighi nascenti dalle procedure concorsuali, si pensi agli advisors, sia legali che commerciali, ai periti ed esperti stimatori od ai diversi consulenti coinvolti.
Inoltre, anche qualora si ravvisasse l’inadempimento agli obblighi informativi, l’attuale situazione di stasi non comporterebbe nemmeno l’attivazione della conseguente fase fallimentare. Invero, in caso di violazione delle prescrizioni informative si applica l’art. 162, commi 2 e 3, L. fall.: decreto di inammissibilità della proposta di concordato con conseguente dichiarazione di fallimento ove, su richiesta del creditore o del pubblico ministero, siano accertati i requisiti soggettivi ed oggettivi di cui agli artt. 1 e 5 L. fall.; ma poiché in questo periodo è sospesa l’attività processuale inerente anche i procedimenti pre-fallimentari, di fatto vanificando la portata sanzionatoria della violazione del 161, comma 8, L. fall., si ritiene un no sense la continuazione degli stessi.
Dall’altro lato, però, vi sono altrettante motivazioni che portano a sostenere la tesi contraria, ossia quella della non applicabilità della sospensione ai suddetti termini.
Concentrandosi sulla loro natura giuridica, li si potrebbe definire di natura sostanziale, non processuale e, quindi, non riconducibili nell’alveo di cui all’art. 83 D. L. 18/2020: il loro adempimento ricade in capo all’imprenditore e non necessariamente richiede la collaborazione di professionisti, dovendo lo stesso debitore essere in grado di descrivere non solo la gestione finanziaria dell’azienda, ma anche le attività che sta ponendo in essere ai fini della predisposizione del piano e della proposta concordataria. Tra le informazioni che possono essere fornite senza l’intermediazione di soggetti specializzati, ad esempio, vi è la trasmissione degli estratti dei conti correnti o delle relative movimentazioni, la cui conoscenza, invece, appare fondamentale nell’ottica del controllo che il tribunale deve effettuare in questo stadio “in bianco”.
In una fase così delicata come quella che caratterizza il concordato con riserva, in cui il debitore sta ancora sondando le effettive possibilità risolutive della propria situazione debitoria ed in cui, d’altro canto, il tribunale può effettuare un controllo solo per mezzo del commissario giudiziale, valutando le condotte scelte e poste in essere dal debitore istante per stabilirne la bontà nell’ottica concorsuale, l’adempimento degli obblighi informativi appare essere l’unico anello di congiunzione che garantisce l’effettivo rispetto delle norme.
Peraltro, è lo stesso art. 167 L. fall. a prevedere che durante la procedura di concordato il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Ancorché questa norma sia, a livello sistematico, inserita nella fase successiva all’apertura del concordato preventivo, enuncia un principio che, mutatis mitandis, ben può essere riprodotto anche nella fase preconcordataria ove, forse, la necessità di effettuare una vigilanza effettiva da parte degli organi della procedura è ancor più stringente. Se, quindi, l’imprenditore non viene spossessato dell’amministrazione dell’azienda che, appunto, continua, ancorché sotto la sorveglianza del commissario giudiziale, deve essere data a quest’ultimo la concreta possibilità di esercitare tale potere di controllo che, in assenza del flusso di informazioni derivante dalle relazioni periodiche, difficilmente potrebbe concretizzarsi.
[17] 
L’instaurazione della procedura di concordato preventivo in bianco mette il debitore in una situazione cd. automatic stay che, tuttavia, non lo esime dal continuare a porre in essere tutte le necessarie attività gestorie dell’azienda, siano esse di ordinaria o straordinaria amministrazione, quest’ultime previa la necessaria autorizzazione del tribunale. L’attività di informazione che, quindi, il debitore è chiamato a porre in essere periodicamente nei confronti degli organi della procedura, più che attività processuale, a cui collegare la sospensione, può essere vista come un corollario della continuazione dell’attività d’impresa.
[18] 
La norma non specifica in maniera puntuale quali informazioni il debitore sia obbligato a fornire, salvo precisare che devono riguardare anche la gestione finanziaria dell’impresa, così lasciando al tribunale discrezionalità in ordine al loro contenuto, discrezionalità che non potrà non tener conto della dimensione dell’impresa, della complessità delle trattative con i creditori, nonché delle passività ed attività risultanti dai bilanci. I vincoli informativi imposti al debitore possono, quindi, essere individuati, di volta in volta, a seconda della concreta domanda di concordato ed, a maggior ragione, potranno essere diversamente valutati in questa congiuntura.
[19] 
D.P.C.M. dell’11 e del 22 marzo 2020. 
[20] 
In ordine all’interrogativo sulla sorte del debitore allorché, avendo ricevuto dal tribunale la prescrizione di assolvere obblighi informativi periodici sulla gestione e le attività compiute (primo periodo comma 8 art. 161 L .fall.) e dalla stessa legge l’onere del deposito mensile di relazione sulla situazione finanziaria (da pubblicare nel registro delle imprese, secondo periodo art. cit. ), violi di fatto le scadenze e gli adempimenti, probabilmente lo scenario conseguente, qualora il debitore non affianchi l’esercizio di alcuna delle facoltà di cui all’art. 9 commi 2 o 3, può far entrare il procedimento nella fase del giudizio di inammissibilità, una volta selezionata con rigore la inerenza delle omissioni con la perdita di controllo da parte dell’imprenditore di una tenuta regolare e continua di gestione, non rimediata da atti anche solo equipollenti compatibili con l’esercizio allo stato effettivamente consentito dell’attività d’impresa. Così M. Ferro, Riapertura dei concordati e degli accordi di ristrutturazione cit..
[21] 
cfr. da ultimo Cass. civ. Sez. I Sent., 26/06/2018, n. 16856.
[22] 
Sono molteplici le circolari emanate dai singoli tribunali nel settore delle procedure esecutive individuali che hanno disciplinato le conseguenze della decretazione d’urgenza non solo sulle vendite competitive in sé, ma anche su tutte le attività ad esse correlate. 
[23] 
Si è non a torto osservato P. Valente e N. De Bortoli, Coronavirus: profili di rischio per le imprese e approcci alla “clinica d’impresa”, in Fisco, 2020, 16, 1520, che nell’attuale contesto di emergenza pandemica ogni impresa dovrebbe considerare “in potenziale crisi” e che i radicali mutamenti negli equilibri di mercato, nonché le conseguenze derivanti dalla contrazione dei consumi, dall’instabilità economica e dalle perturbazioni di carattere finanziario, suggeriscono immediate analisi delle strategie di business, mediante sottoposizione a stress test dinamico dell'azienda.

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