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Saggio

La Corte di Cassazione conferma l’ammissibilità di moratoria ultrannuale in materia concordataria (nota a Cass., Sez. I, n. 11882/20)*

Giorgia Grasso, Dottoressa in Giurisprudenza

1 Luglio 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.

Visualizza: Cass., Sez. 1, 18 giugno 2020, n. 11882, Pres. Didone, Est. Amatore

Prendendo le mosse dall’iter argomentativo seguito dai giudici di legittimità nella pronuncia in commento, l’elaborato affronta il tema dell’ammissibilità, in materia di concordato preventivo, di una moratoria ultrannuale nel pagamento dei creditori assistiti da privilegio, per poi inquadrare - in via prospettica - la tematica oggetto di riflessione nel contesto delle innovazioni normative contenute nel nuovo CCII.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Con la Sentenza in commento la Suprema Corte torna a pronunciarsi sul tema, oggetto di annoso dibattito in dottrina e in giurisprudenza, dell’ammissibilità in ambito concordatario di una dilazione nel pagamento dei creditori assistiti da privilegio. Conformandosi all’orientamento già assunto in precedenza, i giudici di legittimità giungono, attraverso un iter argomentativo meritevole di attenta analisi nel prosieguo, ad affermare l’ammissibilità – al sussistere di precise condizioni – di una moratoria, anche ultrannuale, nel pagamento dei privilegiati, statuendo altresì, in maniera innovativa, sulle modalità di determinazione della perdita causata dal ritardo nel pagamento, questione – quest’ultima – rilevante ai fini del computo del voto da attribuire ai prelatizi che subiscono la dilazione.
Traendo spunto dalla pronuncia de quo si procederà alla disamina di alcune interessanti questioni che abbracciano il tema della derogabilità del termine di pagamento dei creditori prelatizi, volgendo lo sguardo – in via prospettica – alle innovazioni normative contenute nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Occorre precisare che, sebbene il ragionamento della Corte di Cassazione abbia per certi aspetti carattere generale, nel corso della trattazione ci si soffermerà prevalentemente sull’analisi della figura del concordato in continuità tenuto conto che, con l’entrata in vigore del nuovo CCII, questa è destinata a divenire la regola in materia concordataria.
2 . Il caso di specie
Una società a responsabilità limitata ha presentato innanzi al Tribunale di Trapani una proposta di concordato preventivo con continuità aziendale, prevedendo il pagamento dilazionato in ventiquattro rate mensili dei creditori privilegiati, senza tuttavia riconoscere loro la corresponsione di interessi né tantomeno il diritto di voto. Il Tribunale di Trapani ritenendo siffatta proposta inammissibile ha dichiarato il fallimento della società con sentenza, poi revocata – su reclamo proposto ex art. 18 L.fall. dalla fallita – dalla Corte d’Appello di Palermo. Quest’ultima ha ritenuto, per i profili che interessano la nostra analisi, che la società proponente avesse colmato le lacune originariamente presenti nel piano indicando, nelle note a chiarimento, risorse – seppur insufficienti – per il pagamento degli interessi sui crediti privilegiati. I giudici d’Appello, inoltre, hanno rilevato che il giudice di primo grado, omettendo di richiamare l’attenzione del debitore proponente sulla questione attinente all’esercizio del voto dei creditori privilegiati non immediatamente soddisfatti, avesse violato il diritto di difesa del proponente che, peraltro, già in sede di reclamo aveva provveduto ad inserire i summenzionati creditori in apposita classe.
Quanto alla previsione di una moratoria ultrannuale non accompagnata dalla corresponsione di interessi, la questione, secondo i giudici di secondo grado, doveva essere rimessa ad un giudizio di convenienza economica riservato ai creditori. Il curatore della società fallita ha quindi proposto ricorso per Cassazione avverso la pronuncia della Corte territoriale lamentando, tra le altre cose, l’inammissibilità di una proposta che non riconosca ab origine gli interessi ai creditori privilegiati, considerato che un pagamento dilazionato degli stessi – per quanto integrale – implica comunque un soddisfacimento solo parziale stante la perdita economica derivante dal ritardo nel conseguimento di quanto loro dovuto.
3 . L’iter argomentativo seguito dalla Suprema Corte e le questioni trattate
La Corte, nel pronunciarsi sui suddetti motivi del ricorso (rigettandoli) coglie l’occasione per soffermarsi sul tema della derogabilità del termine di pagamento dei privilegiati ribadendo[1] il principio secondo cui “in materia di concordato preventivo, se la regola generale è quella del pagamento non dilazionato dei crediti privilegiati, allora il pagamento dei crediti medesimi con una dilazione superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della stessa liquidazione, in caso di concordato c.d. “liquidativo”) equivale a soddisfazione non integrale di essi e ciò a causa della perdita economica conseguente al ritardo (rispetto ai tempi “normali”) con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme ad essi spettanti”[2]. Mentre ante riforma del 2007[3] l’art. 160 L.fall. non consentiva in sede di concordato preventivo al debitore di elaborare un piano che prevedesse un pagamento dilazionato e percentuale dei creditori privilegiati, cosa che invece poteva ben avvenire in sede di concordato fallimentare, oggi tale diversità è venuta meno prevedendosi l’ammissibilità di un pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, a patto che si assicuri loro un trattamento non deteriore rispetto a quello “minimo” realizzabile attraverso la vendita dei beni oggetto di prelazione e, in caso di piena capienza dei beni o dei diritti su cui verte la prelazione, gli si garantisca un pagamento integrale. L’ammissibilità di una siffatta dilazione trova, a partire dal 2012[4], una conferma normativa nella disposizione di cui all’art. 186 bis, comma 2, lett. c) L.fall. 
Soffermandosi sull’ambito del concordato in continuità, i giudici di legittimità chiariscono che, mentre qualora il piano preveda una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori privilegiati non è necessario attribuire a questi ultimi diritto di voto, dal momento che l’imprenditore proponente altro non fa che servirsi di una facoltà attribuitagli per legge, diversa è l’ipotesi in cui la moratoria prevista dal piano ecceda il limite temporale sancito dalla legge. In quest’ultima circostanza, ad avviso della Corte, sebbene “la norma in esame non si esprim[a] expressis verbis sulla possibilità di una moratoria ultra annuale”[5], la proposta potrebbe ritenersi ammissibile, a condizione che ai creditori che la subiscono vengano riconosciuti il diritto di voto e gli interessi.
Da ultimo la pronuncia affronta la questione – rilevante ai fini del computo del voto dei creditori privilegiati – delle modalità concrete di determinazione della perdita dovuta al ritardo nel pagamento del credito privilegiato, giungendo ad imporre una puntuale indicazione, all’interno del piano, dei criteri di calcolo del diritto di voto, criteri la cui effettività e veridicità dovrà altresì essere certificata dal professionista, a pena di inammissibilità della proposta.
4 . Il pagamento dilazionato dei creditori prelatizi nel concordato in continuità
Il legislatore del 2012, mosso da un favor verso il concordato preventivo con continuità aziendale – considerato strumento privilegiato per tentare di salvare le imprese in crisi – ha predisposto alcune agevolazioni specifiche volte ad incentivarne l’utilizzo, tra le quali rientra senz’altro la moratoria per i crediti privilegiati disciplinata dall’art. 186 bis, comma 2, lett. c) L.fall. ai cui sensi, fermo quanto previsto dall’art. 160, comma 2, il piano di concordato può prevedere “una moratoria fino a un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto”.[6]
La ratio della norma è quella di permettere al debitore di dilazionare il pagamento dei creditori privilegiati, così da utilizzare – nel periodo di moratoria – i beni sui quali insiste la prelazione[7] ed altresì impiegare le risorse derivanti dalla continuità per la gestione dell’impresa, piuttosto che per l’immediato pagamento dei creditori, dando vita in tal modo ad una “forma […] indiretta di autofinanziamento del concordato in continuità”[8].
Qualora i beni su cui verte la garanzia non siano funzionali all’esercizio dell’attività d’impresa, così come programmata dal piano, e dunque se ne preveda la liquidazione, non si applicherà la disciplina della moratoria e i creditori dovranno essere pagati all’esito della liquidazione (che potrebbe durare anche più di un anno).[9]
Dal disposto della norma si possono trarre alcune considerazioni.
La prima si può desumere dal richiamo al secondo comma dell’art. 160 che conferma l’operatività, anche in caso di concordato preventivo con continuità, della possibilità di soddisfare in maniera non integrale i creditori privilegiati, a patto che si assicuri loro un trattamento non deteriore rispetto a quello ottenibile dal ricavato della liquidazione dei beni o diritti oggetto di prelazione e, in caso di piena capienza dei beni o dei diritti su cui verte la prelazione, gli si garantisca un pagamento integrale.[10]
Tra l’art. 160 e l’art. 186 bis sussistono, tuttavia, delle diversità: mentre la prima norma legittima il soddisfacimento dei creditori, sia privilegiati che chirografari, “in qualsiasi forma” e dunque anche con mezzi diversi dal denaro, la seconda riferendosi ai creditori privilegiati parla di “pagamento”, portando così ad escludere la possibilità, in caso di continuità, di soddisfare tali creditori con mezzi diversi dal denaro, tranne che per la parte di credito “incapiente”, dal momento che quest’ultima viene considerata come credito chirografario anche ai fini della determinazione delle modalità di soddisfacimento. Un soddisfacimento dei creditori privilegiati con mezzi diversi dal denaro sarebbe inoltre, ad avviso di alcuni, configurabile solo su espressa accettazione degli stessi, che così facendo andrebbero sostanzialmente a novare il rapporto obbligatorio.[11] Intervenendo sul punto, la pronuncia in commento ammette implicitamente la possibilità di una soddisfazione dei creditori privilegiati in forme diverse rispetto al pagamento in denaro, chiarendo che “qualora la ‘soddisfazione’ del creditore privilegiato non avvenga con un pagamento, a tale creditore dovrebbe essere riconosciuto il diritto di voto”[12].
Tale disciplina va inoltre coordinata con il divieto di alterazione delle cause legittime di prelazione sancito dallo stesso secondo comma dell’art. 160 che, per l’orientamento avallato dalla Cass. del 2012[13], imporrebbe anche in caso di moratoria il rispetto dell’ordine della graduazione così da assicurare che i creditori di rango superiore vengano soddisfatti non solo in misura maggiore, ma anche cronologicamente prima rispetto a quelli di grado inferiore.
Quanto all’ambito soggettivo di applicazione della moratoria ci si chiede se la norma in questione riguardi tutti i creditori prelatizi, siano essi muniti di privilegio generale o speciale, oppure no.
La dottrina prevalente basandosi sulla lettera della norma, che fa riferimento genericamente ai “creditori muniti di privilegio”, estende l’applicazione della normativa a tutte le ipotesi di privilegio, oltre che ai casi di pegno o ipoteca. C’è, tuttavia, chi esclude la dilazionabilità dei crediti da lavoro subordinato: data la loro natura alimentare, infatti, sarebbe intollerabile una loro dilazione che vada a sommarsi ai tempi della procedura.[14]
Venendo ora alle questioni riguardanti il dato cronologico, chiarito il termine di decorrenza della moratoria – coincidente con la data del deposito del decreto di omologazione – occorre soffermarsi sulla problematica inerente la durata massima della stessa. Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sull’ammissibilità, o meno, di una dilazione di pagamento dei crediti prelatizi superiore al termine annuale previsto dalla norma. Mentre l’orientamento favorevole all’ammissibilità di una siffatta dilazione sembra ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in dottrina e tra i giudici di merito non si rileva un’univocità di visioni.
La tesi favorevole alla durata ultrannuale della moratoria di cui all’art. 186 bis, ribadita da ultimo nella pronuncia in commento, muove dalla premessa secondo cui la regola generale in materia di concordato (sia liquidatorio che in continuità) sia quella del pagamento integrale ed immediato dei creditori al momento dell’omologazione, fatti salvi i tempi tecnici di un’eventuale liquidazione dei beni, per poi giungere a sostenere l’ammissibilità di una deroga a tale regola fondata su una serie di disposizioni. Si tratta dell’art. 160 comma 2 nella parte in cui consente, nei limiti sopra chiarirti, un soddisfacimento non integrale dei creditori privilegiati e dell’art. 177 comma 3 che ai fini del voto equipara i creditori privilegiati non integralmente soddisfatti ai chirografari; norme – queste – che lette insieme all’art. 186 bis porterebbero ad ammettere una moratoria ultrannuale, “controbilanciata” dal riconoscimento a coloro i quali la subiscono del diritto di voto e degli interessi[15]. Mentre la moratoria infrannuale potrebbe essere definita quanto al voto “ininfluente”[16]per i creditori prelatizi, diversamente, in caso di superamento del limite temporale sancito dalla norma, i giudici di legittimità ritengono che “l’ammissione al voto possa essere affermata sulla base della considerazione che il sacrificio del diritto del voto risulta giustificato solo dall’indifferenza rispetto al concordato, che esiste solamente se il pagamento è integrale all’omologazione, ovvero secondo taluni, se dilazionato con il riconoscimento degli interessi”[17].
Quanto alla questione della determinazione dell’importo per il quale i creditori privilegiati che subiscono la moratoria sono ammessi al voto, in dottrina e in giurisprudenza sono state prospettate varie soluzioni. Secondo un primo orientamento a tali creditori dovrebbe essere attribuito il diritto di voto per l’intero ammontare del loro credito comprensivo di interessi, in quanto “la previsione di una soddisfazione integrale con dilazione determina […] un’alterazione qualitativa dell’intero statuto della pretesa creditoria”[18], circostanza che farebbe venir meno quel disinteresse del creditore privilegiato rispetto alla definizione concordataria che costituisce il presupposto dell’esclusione del diritto di voto.
Tale soluzione non appare, ad avviso della Suprema Corte, condivisibile poiché “attribuirebbe un peso eccessivo al voto dei privilegi dilazionati e creerebbe, dunque, un rischio di inquinamento delle maggioranze, in favore di creditori, cioè, destinati ad essere soddisfatti per intero”[19].
Sarebbe quindi preferibile l’orientamento secondo cui i creditori privilegiati dilazionati debbano essere ammessi al voto limitatamente ad un importo commisurato alla perdita patita per effetto della dilazione[20]. Quanto alle modalità di determinazione in concreto di tale perdita sono stati prospettati diversi criteri.[21] I giudici di legittimità pronunciandosi sul punto, già nel 2014 avevano stabilito che la determinazione in concreto della perdita economica conseguente al ritardo, rilevante ai fini del computo del voto, costituisce un accertamento di fatto che il giudice di merito deve compiere anche alla luce della relazione giurata ex art. 160, comma 2, L.fall., e tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori, dei tempi tecnici di liquidazione dei beni gravati dal privilegio in ipotesi di soluzione della crisi alternativa al concordato, nonché del contenuto concreto della proposta e della disciplina degli interessi di cui agli artt. 54 e 55 L.fall.[22] Nella pronuncia qui in commento la Cassazione è tornata ad affrontare la questione avvertendo la necessità di precisare che, sebbene la determinazione in concreto della suddetta perdita sia rimessa ad un accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito, occorre fissare delle regole applicative di carattere generale. Tali regole devono essere individuate da un lato facendo riferimento all’art. 86 CCII – da cui si può trarre “il principio di ‘attualizzazione’ dei pagamenti previsti dal piano concordatario, calcolati sulla base del valore alla data di presentazione della domanda di accesso alla procedura concorsuale (come deve risultare dall’attestazione del professionista incaricato)”[23] – dall’altro alla disciplina di cui all’art. 2426, n.8, c.c. Ne consegue che il diritto di voto dei creditori dilazionati debba essere calcolato “sulla base del differenziale tra il valore del credito al momento della presentazione della domanda di concordato e quello al momento del termine della “moratoria” (la cui concreta determinazione deve essere rimessa, come accertamento in fatto, ai giudici del merito)”[24].
Nonostante la tesi a sostegno dell’ammissibilità di una moratoria ultrannuale possa ritenersi ormai consolidata fra i giudici di legittimità, non manca chi – sia in dottrina che in giurisprudenza – si è espresso in senso contrario sostenendo che la regola generale del pagamento immediato ed integrale dei creditori privilegiati possa essere derogata solo in presenza di disposizioni di carattere eccezionale (artt. 182 ter, 186 bis, comma 2, lett. c), 160, comma 2, L.fall., art. 86 CCII) che, stante la loro natura, non possono trovare applicazione al di fuori dei casi espressamente previsti. Ove si consentisse al debitore, al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate da tali norme, di prevedere un soddisfacimento parziale o dilazionato dei creditori privilegiati, si finirebbe per ammettere che questi ultimi possano essere soddisfatti in maniera pari o addirittura inferiore rispetto ai chirografari, con conseguente violazione dell’art. 2741 c.c.[25] Il dato temporale emergente dall’art. 186 bis sarebbe chiaro; una diversa interpretazione, oltre a contrastare con il tenore letterale della norma, solleverebbe problemi di carattere socio-economico stante il rischio – dato dalla situazione di incertezza dell’adempimento, protratta per un arco di tempo potenzialmente lungo – al quale il debitore proponente il concordato espone il creditore, che non potrebbe essere compensato dalla corresponsione del voto e degli interessi.[26] I sostenitori di tale tesi non mancano di sottolineare, inoltre, come tale orientamento sia conforme all’intento perseguito dal legislatore del Codice della Crisi.
5 . Tendenze evolutive dell’ordinamento
Al fine di inquadrare la tematica oggetto di riflessione da parte della Corte di legittimità nel contesto già ampio dell’evoluzione dell’ordinamento fallimentare, appare utile richiamare brevemente la disciplina di cui all’art. 182 ter L.fall., trattandosi di una delle argomentazioni che la Suprema Corte ha in più occasioni richiamato a sostegno dell’ammissibilità di una moratoria ultrannuale in materia concordataria[27].
La norma in commento, intervenendo in tema di transazione fiscale e contributiva, consente espressamente al debitore di proporre il pagamento dilazionato (oltre che falcidiato) dei crediti tributari o contributivi assistiti da privilegio, purché i tempi di pagamento e le eventuali garanzie loro offerte non siano inferiori a quelle previste per i creditori di rango inferiore o con posizione giuridica ed interessi economici omogenei.
Tale disposizione è considerata dalla Corte espressione di un principio di carattere generale, in quanto tale applicabile a tutti i crediti prelatizi, stante l’illogica disparità che deriverebbe dal sostenere l’impossibilità per i creditori prelatizi “ordinari” di essere soddisfatti con una dilazione analoga a quella prevista per i crediti privilegiati erariali. In un siffatto contesto dovrebbe risultare irrilevante e quindi non comportare la necessità dell’attestazione da parte del professionista – richiesta, invece, dal primo comma dell’art. 182 ter – la moratoria annuale di cui all’art. 186 bis, in quanto espressamente contemplata dalla legge [28].
Il ricorso all’istituto della transazione fiscale e contributiva in materia concordataria è stato da ultimo incentivato dal D.L. n. 125/2020 che – all’art. 180, comma 5, L.Fall. – ha espressamente attribuito al Tribunale fallimentare la possibilità di superare la “mancanza di voto”[29] da parte dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, omologando comunque il concordato ove sussistano le condizioni esplicitate dalla succitata norma[30]. Tale circostanza costituisce un’ulteriore conferma del sostegno del legislatore verso le soluzioni concordate della crisi d’impresa e rafforza la tesi dell’ammissibilità di una moratoria ultrannuale in quanto la dilazione di cui all’art. 182 ter, da intendersi come pagamento successivo all’omologa del concordato[31], non è soggetta al limite temporale di un anno.
Il quadro normativo delineato nel corso della trattazione è, inoltre, destinato a mutare con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi che all’art. 86 consente, solo in caso di concordato in continuità, una moratoria non superiore a due anni dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali insiste la prelazione, con riconoscimento di un diritto di voto – da determinarsi in base ai criteri richiamati dalla decisione in commento[32] - ai creditori che la subiscono. Nel confronto con la corrispondente norma di cui alla L.fall. emergono due principali differenze: in primo luogo, il termine della moratoria risulta essere raddoppiato[33] ed espressamente considerato inderogabile dallo stesso legislatore[34], in secondo luogo viene riconosciuto il diritto di voto ai creditori che subiscono la dilazione biennale. Tale ultima circostanza concorrerebbe ad escludere la possibilità di una moratoria che ecceda i due anni in quanto, a seguito della “previsione di default del diritto di voto in capo ai titolari dei crediti oggetto di moratoria biennale […] non sarebbe più consentito ‘compensare’ la previsione di un periodo di moratoria maggiore rispetto a quello legale riconoscendo a loro favore il diritto di voto”[35].
L’estensione della durata della moratoria prevista dall’art. 86 CCII, insieme agli strumenti previsti al fine di agevolare la transazione fiscale e contributiva in materia concordataria, sembrano dare conferma di una tendenza evolutiva dell’ordinamento in senso favorevole all’ammissibilità di proposte concordatarie che prevedano una più ampia dilazione dei tempi di soddisfazione dei creditori privilegiati. Il tutto nell’ottica – confermata dal legislatore del Codice della Crisi – di favorire le soluzioni concordate della crisi, nel tentativo di mantenere in vita un maggior numero di imprese; esigenza – quest’ultima – all’attenzione del legislatore emergenziale ben consapevole della forte crisi economico-finanziaria che le imprese si trovano ad affrontare a causa della pandemia da Covid-19.

Note:

[1] 
In senso conforme si veda Cass., Sez. I, 9 maggio 2014, n. 10112; Cass., Sez. I, 26 settembre 2014, n. 20388; Cass., Sez. I, 23 febbraio 2016, n. 3482.
[2] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n. 11882.
[3] 
Riforma operata dal D.Lgs. n. 169/2007.
[4] 
L’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale si deve al D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134.
[5] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n. 11882. 
[6] 
La norma si inserisce nel più ampio dibattito inerente il trattamento dei creditori prelatizi – che trova il suo fondamento normativo nel disposto di cui agli artt. 160, comma 2 e 177, commi 2 e 3 – introducendo una disciplina specifica in materia di c. in continuità suscettibile di interpretazioni contrastanti.
[7] 
Cfr.Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 2012, p.334.
[8] 
Vella, Autorizzazioni, finanziamenti e prededuzioni nel nuovo concordato preventivo, in  Il Fall., 2013, p.661. In senso conforme Di Marzio, Il pagamento concordatario dei creditori garantiti può essere dilazionato solo per consenso o nei casi previsti dalla legge, in www.ilfallimentarista.it, 22 luglio 2014, secondo cui la dilazione cui si riferisce l’art. 186 bis avrebbe una dimensione finanziaria. Contra Bonfatti, La disciplina dei crediti privilegiati nel concordato preventivo con continuità aziendale, in www.ilcaso.it, 28 ottobre 2013.
[9] 
L’art. 186 bis, comma 2, lett. c) fa infatti salva l’ipotesi in cui sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Tale inciso, riferito ai soli creditori con privilegio speciale, è stato oggetto di dibattito: a fronte di chi sostiene che il pagamento dei creditori privilegiati debba avvenire contestualmente alla liquidazione dei beni oggetto di prelazione, senza alcuna possibilità di dilazione, vi è chi – al contrario – ammette tale possibilità specificando, quanto al voto, che qualora il debitore proponga una dilazione compatibile con le tempistiche di un’ipotetica liquidazione fallimentare non vada riconosciuto il diritto di voto ai privilegiati che subiscono la moratoria non vantando, questi ultimi, un interesse ad una soluzione piuttosto che all’altra. Diversamente, ove tale dilazione dia lungo ad un disallineamento rispetto ai tempi tecnici di un’ipotetica liquidazione fallimentare i creditori sarebbero legittimati al voto. Nel primo senso cfr. Casa, Controversie teoriche e discussioni pratiche sull’art. 186 bis l.fall., in Il Fall.,2013, 11, p. 1381 secondo cui “per i creditori muniti del privilegio speciale non è ammissibile una moratoria se il privilegio insiste su beni immediatamente liquidabili, in quanto non strumentali alla prosecuzione dell’attività d’impresa”; Penta, L’abuso dello strumento concordatario, in Dir. Fall., 2014, I, p.137; Amatore – Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, p.297. Per il secondo orientamento cfr. D’Orazio, L’ammissibilità della domanda di concordato preventivo con proposta di dilazione di pagamento ai creditori prelazionari, in Il Fall., 2014, p.456 ss.; Lo Cascio, Crisi di imprese, attualità normative e tramonto della tutela concorsuale, in Il Fall., 2013, p.13; Pirisi, La dilazione e la legittimazione al voto dei creditori assistiti da cause legittime di prelazione nel concordato preventivo, in Il Fall.,2015, 3, pp.281 ss.; Trib. Ravenna 19 agosto 2014, in www.ilfallimentarista.it; Trib. Mantova 12 aprile 2012, in www.ilcaso.it.
[10] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n.11882: “Sul punto, va precisato che la clausola di salvezza in relazione a quanto disposto dall’art. 160, comma 2, serve a chiarire che, quando la parte del credito prelatizio degradi al chirografo per in capienza del bene su cui grava la prelazione, la dilazione del pagamento può riguardare comunque la residua parte del credito che resta garantita dalla prelazione stessa.”.Cfr. Nardecchia – Ranalli, sub Art. 186- bis, in Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano, 2015, p.2301.
[11] 
Cfr. Filocamo, sub Art. 186 bis, in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, a cura di Ferro, 3a ed., Padova, 2014, p. 2709.
[12] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n.11882.
[13] 
Cfr. Cass., Sez. I, 8 giugno 2012, n. 9373 secondo cui l’obbligo di rispettare l’ordine delle cause legittime di prelazione sussiste in tutti i casi in cui le risorse destinate ai creditori provengano, direttamente o indirettamente (tramite apporto del terzo), dal patrimonio del debitore.
[14] 
Cfr. Lamanna, La legge fallimentare dopo il «Decreto sviluppo», Milano, 2012, p. 61 ss.
[15] 
Quanto agli interessi, la moratoria ne sospende l’esigibilità, ma non la decorrenza. “Gli interessi compensativi ( nella misura del tasso legale) […] prescindono dalla mora e servono solo per riequilibrare il vantaggio che il debitore trae dalla dilazione del pagamento […],dovendosi ritenere che di tali interessi si sospenda, dunque, l’esigibilità, ma non venga meno l’obbligo di pagarli” cit., Lamanna, La legge fallimentare dopo il «Decreto sviluppo», p. 62.
[16] 
Secondo la Cass. in commento ciò confermerebbe, a contrario, per i concordati senza continuità aziendale l’operare del principio generale di cui all’art. 177, comma 3, L.fall. Cfr., inoltre, Cass., Sez. I, 26 settembre 2014, n. 20388. In dottrina Cfr. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in  Il Fall., 2013, p. 1239; Maffei, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, p.1329; Nardecchia - Ranalli, sub Art. 186-bis”, in Codice commentato del fallimento, cit., p. 2304; Piazzola, Le nuove regole sul voto nel concordato preventivo, in Il Fall., 2013, p.554 secondo cui in caso di moratoria infrannuale il diritto di voto è escluso per i privilegiati poiché in caso contrario questi ultimi voterebbero contro in modo da impedire di essere assoggettati alla dilazione. Contra Bozza che, ritenendo l’inciso “in tal caso” riferito alla seconda metà del periodo, giunge alla conclusione per cui l’esclusione dal voto si avrebbe solo ove i creditori vantassero una prelazione sui beni destinati alla liquidazione, poiché in tal caso sarebbero indifferenti agli esiti del concordato. Fuori da tale ipotesi i creditori privilegiati soggetti alla moratoria avrebbero diritto al voto, in quanto un pagamento dilazionato equivarrebbe ad un adempimento non pieno. Cfr. Bozza, Una lettura concorrente dell’art. 186-bis, comma secondo, lett.c) della legge fallimentare, in www.ilcaso.it, 18 aprile 2014. Sul punto un’importante novità verrà introdotta dall’art. 86 CCI che, come vedremo più avanti, prevede l’ammissione al voto dei creditori privilegiati dilazionati.
[17] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n.11882.
[18] 
Pirisi, La dilazione e la legittimazione al voto dei creditori assistiti da cause legittime di prelazione nel concordato preventivo, cit., p.288. Per tale tesi cfr. inoltre Ambrosini, Appunti in tema di concordato con continuità aziendale, in Crisi d’impresa e fallimento, 4 agosto 2013, pp.14-15; Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, cit., p.1242; Trib. Siena, 25 luglio 2014, in Il Fall, 2015,3, p.275; Trib. Catania, 27 luglio 2007, in Giur.comm., 2008, II, p.677.
[19] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n.11882.
[20] 
Cfr.Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, Vol. II, Concordato Preventivo, in Commentario del Codice Civile e codici collegati Scialoja-Branca-Galgano, a cura di De Nova, Bologna, 2014, pp. 262-263.
[21] 
Per una ricostruzione dei diversi criteri adottabili secondo la dottrina cfr. PIRISI, La dilazione e la legittimazione al voto dei creditori assistiti da cause legittime di prelazione nel concordato preventivo, cit., p.287.
[22] 
Cfr. Cass., Sez. I, 9 maggio 2014, n. 10112, richiamata ex plurimis da Cass., Sez. I, 26 settembre 2014, n. 20388; Cass., Sez. I, 2 settembre 2015, n. 17461; Cass., Sez. I, 19 gennaio 2016, n. 3482 e Cass., Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 2422.
[23] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n.11882.
[24] 
Cass., Sez. I, 18 giugno 2020, n.11882.
[25] 
Cfr. Trentini, Ammissibilità del pagamento dilazionato dei creditori privilegiati nel concordato preventivo, in Il Fall.,2021,3, pp.356 ss.; Lamanna, L'indistinta ammissibilità del pagamento dilazionato dei crediti muniti di prelazione, in www.fallimentarista.it, 4 giugno 2014, p.3 ss.; Amatore – Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, cit. p. 294 ss.; Casa,Controversie teoriche e discussioni pratiche sull’art. 186 bis l.fall., cit., p.1389; Di Marzio, Il pagamento concordatario dei creditori garantiti può essere dilazionato solo per consenso o nei casi previsti dalla legge, in www.ilfallimentarista.it, 22 luglio 2014, il quale ritiene che al di fuori dei casi eccezionali previsti dalla legge i creditori garantiti possano essere pagati con dilazione solo ove concludano con il proponente degli appositi accordi paraconcordatari.
[26] 
Così Trib. Monza, 16 settembre 2014, con commento di Ranieli, Note sull’ammissibilità del pagamento dilazionato dei creditori prelatizi, in www.ilfallimentarista.it, 24 marzo 2015; di recente Trib. Modena, 24 marzo 2020, con commento di Colnaghi, La moratoria ultrannuale dei creditori privilegiati e la conseguente inammissibilità della proposta concordataria, in www.ilfallimentarista.it, 28 luglio 2020; Trib. Modena, 29 aprile 2020, in www.ilfallimentarista.it, 22 settembre 2020.
[27] 
Ex plurimis Cass., Sez. I, 9 maggio 2014, n. 10112.
[28] 
Cfr. Spadaro, Il trattamento dei crediti tributari e contributivi secondo il nuovo art. 182 ter l.fall., in Il Fall., 2018, 1, p. 13.
[29] 
Cfr. De Bernardin, Brevi note a prima lettura sull’omologa dei piani di ristrutturazione con trattamento dei crediti tributari e contributivi (o anche: “del cram down del tribunale nella transazione fiscale”), in www.ilcaso.it, 2 gennaio 2021, p. 6, secondo cui la locuzione “mancato voto” dovrebbe essere intesa nel senso di“ ‘mancata espressione della volontà’, con la conseguente possibilità per il Tribunale di omologare a fronte di silenzio serbato dagli enti impositori e non anche nell’ipotesi di dissenso espresso”. In senso conforme Buffelli – Clemente, Il trattamento dei crediti fiscali e contributivi ex art. 182- ter L.fall. (c.d. “transazione fiscale”) alla luce delle Sezioni Unite n. 8504 del 2021, in dirittodellacrisi.it. Contra Santangeli, Note sul nuovo ruolo del Tribunale come giurisdizione di merito nel trattamento dei crediti erariali e contributivi nel codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ed in più recenti disposizioni legislative, in Ilcaso.it. Inoltre, intervenendo sul punto le Sezioni Unite, con l’ordinanza n.8504 del 25 marzo 2021, sembrano dirsi favorevoli ad una sindacabilità del diniego espresso degli Enti ad opera del Tribunale fallimentare.
[30] 
Art. 180, comma 5, L.fall.: “Il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.
[31] 
Trib. Catania, 16 novembre 2017, in www.ilcaso.it. 
[32] 
Nello specifico, la relazione illustrativa al CCI del 10 gennaio 2019: “A fronte del pregiudizio subito, i creditori privilegiati sono ammessi al voto per la differenza fra il loro credito maggiorato degli interessi di legge e il valore attuale dei pagamenti previsti nel piano calcolato alla data di presentazione della domanda di concordato, determinato sulla base di un tasso di sconto pari alla metà del tasso previsto dall’art. 5 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, in vigore nel semestre in cui viene presentata la domanda di concordato preventivo. Attualizzando i pagamenti, rispetto alla cronologia prevista dal piano, si riesce infatti a quantificare ciò che il creditore privilegiato perde in termini di chance di investimento. Il diritto di voto verrà quindi ad essere esercitato in misura corrispondente alla perdita. In altre parole, il creditore privilegiato vota per la parte del credito che, a causa della dilazione di pagamento, subisce in concreto una perdita. Sebbene infatti al creditore privilegiato sia garantito l’adeguamento del potere di acquisto monetario per effetto dell’attribuzione degli interessi al tasso legale, la dilazione causa comunque una perdita, rappresentata dal tasso con cui il creditore remunera gli investimenti e la liquidità di cui dispone. Non essendo possibile prevedere un tasso diverso per ciascuna tipologia di creditore, è stato utilizzato un sistema forfettario, che risponde dunque ad un’esigenza di uniformità e semplificazione, individuando detto tasso nel 50% del tasso di interesse applicato al ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali stabilito dal d. lgs. 9 ottobre 2002 n. 231.”
[33] 
Nella summenzionata relazione illustrativa si legge che: “L’estensione del termine costituisce attuazione dell’art. 6, comma 1, lettera i), n. 1) della legge n.155 del 2017, avendo il legislatore preso atto dell’esperienza maturata nei primi anni di applicazione dell’art. 186- bis della l. fall., introdotto dal d.l.22 giugno 2015, n. 83, che ha evidenziato come eccessivamente penalizzante per il proponente il termine di un anno.”
[34] 
Nell’illustrare le modifiche apportate alla norma dal D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 il legislatore ha chiarito espressamente che il correttivo mira ad evitare possibili incertezze interpretative.
[35] 
Miramondi, Il pagamento dilazionato dei creditori prelatizi:tra coerenza del sistema e autonomia privata, in Il Fall., 2021,3, p. 390. Cfr. inoltre Lamanna, La massima durata della moratoria nel concordato in continuità, in www.ilfallimentarista.it, 6 aprile 2020; Colnaghi, La moratoria ultrannuale dei creditori privilegiati e la conseguente inammissibilità della proposta concordataria, in www.ilfallimentarista.it , 28 luglio 2020. 

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