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Classificazione per finalità degli strumenti di gestione della crisi e i vari stadi della difficoltà d’impresa: documento Assonime “Guida al Codice della crisi” del 14/12/2022

Giuliano Buffelli, Dottore Commercialista in Bergamo

28 Dicembre 2022

Visualizza: ASSONIME - Associazioni fra le società italiane per azioni

L’Autore svolge alcune riflessioni a commento del documento di Assonime del 14 dicembre 2022, denominato “Guida al Codice della crisi”.
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1 . Premessa
Assonime con il documento “Guida al codice della crisi” emanato in data 15/12/2022 sintetizza, con grande lucidità, i principali istituti, di cui al codice della crisi e dell’insolvenza (a seguire anche CCII) riformati con il D.Lgs. n. 83/2022, “soffermandosi sui profili di maggiore modernità della disciplina e sulle scelte effettuate in coerenza con i principi della direttiva europea”. 
Dopo una introduzione in cui si ripercorre il lungo percorso che ha portato il legislatore nazionale, nel rispetto della direttiva europea n. 1023/2019, a modificare e integrare il D.Lgs. n. 14/2019, la guida sviluppa, in sintesi, commento sul nuovo diritto della crisi in vigore dal 15/07/2022.
Con questo breve intervento preme evidenziare, quanto al documento citato, alcuni temi di interesse, che peraltro rispettivamente individuano per finalità i tipi di strumenti giuridici messi a disposizione per la gestione della crisi e i diversi stadi di difficoltà (quanto alla condizione di crisi) delle imprese quali presupposti per l’accesso alle varie procedure.
2 . Classificazione degli strumenti di gestione della crisi
Assonime individua, quanto ai mezzi messi a disposizione dell’imprenditore per gestire la crisi, con orizzonte macro, i seguenti strumenti:
a) Quelli finalizzati alla prevenzione della crisi
Tali procedure traggono la loro operatività dalla nuova definizione di crisi di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) CCII nonché da quella della “probabilità di crisi” con ciò sottolineando l’attenzione che l’imprenditore e gli amministratori devono prestare ai corretti monitoraggi circa l’andamento operativo dell’impresa; tali status possono essere ben “intercettati”, sulla base delle indicazioni dell’art. 2086 c.c. (nella versione modificata con decorrenza 15/07/2022), attraverso la predisposizione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili; adeguatezza che si misura attraverso il controllo degli squilibri di carattere patrimoniale o economico/finanziario, della sostenibilità dei debiti per i dodici mesi successivi e delle prospettive di continuità.
Si osserva come tali situazioni (crisi / probabilità di crisi) vadano attentamente considerate nell’ambito della vigilanza sulla adeguatezza e sul corretto funzionamento degli assetti anche con riferimento agli specifici doveri posti in capo agli organi di controllo e ai creditori pubblici qualificati.
b) Gli strumenti per la ristrutturazione
Quanto a tali mezzi viene espressamente attribuita priorità a quelli finalizzati al recupero dell’azienda e quindi a quelli che prevedono la continuità gestionale rispetto alle soluzioni liquidatorie.
Il CCII rimodula, nella sua struttura, le procedure base già contenute nel R.D. n. 267/1942 (e succ. mod.) talvolta mutandone la terminologia e in parte i contenuti introducendone di nuove con la finalità di favorire il recupero dell’azienda e la sua continuità operativa.
Aspetti particolari attengono alle norme di carattere procedurale, norme che si presentano a volte articolate e complesse con conseguenti difficoltà a carico degli operatori in particolare nella scelta dello strumento più opportuno per gestire la crisi e quindi le difficoltà dell’impresa. 
c) Gli strumenti per la liquidazione e il fresh start
Tali procedure, come osservato, sono trattate dal legislatore in modo tale da evidenziare con chiarezza la preferenza per quelle con finalità di recupero dell’impresa.
Tali strumenti sono “caratterizzati dall’eliminazione del disvalore sociale del fallimento e dall’obiettivo di garantire una maggior efficienza delle procedure sia in termini di riduzione dei tempi, sia di maggior soddisfazione dei creditori”.
Tra le procedure liquidatorie si ricorda la liquidazione giudiziale (ex fallimento), il concordato liquidatorio (ex concordato preventivo con cessione dei beni) e il nuovo istituto del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio che è utilizzabile in esito alla procedura di composizione negoziata ricorrendo particolari condizioni e cioè nell’ipotesi in cui le trattative non abbiano avuto esito positivo e che soluzioni quali la convenzione di moratoria e l’accordo di ristrutturazione dei debiti (anche nella versione “agevolata” o “ad efficacia estesa”) non siano praticabili. 
Il documento infine evidenzia l’estensione dell’istituto dell’esdebitazione a tutti i debitori “prevedendo altresì che possa essere ottenuta decorsi al massimo tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale”. 
3 . I diversi stadi di difficoltà dell’impresa
La guida di Assonime affronta un tema di grande e delicato interesse e cioè quello di definire le varie situazioni di difficoltà dell’impresa.
Tale aspetto viene trattato dall’art. 2, comma 1, lett. a) e b) CCII che rispettivamente individua nella:
a) << crisi>>: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi [1];
b) <<insolvenza>>: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni;
E’ nell’art. 12, comma 1, che il CCII introduce, tra dette situazioni, anche quelle della crisi probabile e dell’insolvenza probabile.
Assonime pone l’attenzione sulla condizione di difficoltà, definita “stato di precrisi”, sottolineando come sia la prima volta che viene fornita enunciazione dello stato di crisi. Tale definizione trae origine dalla evoluzione della giurisprudenza e dalla scienza aziendalistica colmando sicuramente una lacuna dell’ordinamento provvedendo quindi a separare nettamente le due situazioni di difficoltà dell’impresa e cioè la crisi e l’insolvenza.
Per quanto attiene allo stato di precrisi va ricordato che la dottrina e la giurisprudenza, nell’indagare tale situazione nell’ambito del concordato preventivo (art 160 R.D. n. 267/1942) ha sviluppato, stante la generalità della definizione, una apertura consentendo di accedere al concordato preventivo anche alle imprese in situazione di pre-crisi ovvero di “declino accentuato”[2].
Il documento, anche se affronta l’argomento sinteticamente, precisa che tale stato “si caratterizza per la sussistenza di uno squilibrio (patrimoniale o economico finanziario) ma non tale da determinare la mancata copertura delle obbligazioni dei successivi 12 mesi con i corrispondenti flussi di cassa”.
Va peraltro osservato come la situazione di precrisi viene individuata normativamente nell’ambito della composizione negoziata dove, nell’art. 12, comma 1, CCII, tra i presupposti oggettivi per l’accesso a tale strumento vengono individuati: “ … condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento”.
Di conseguenza lo stato di precrisi è una situazione che precede la crisi, status che, se adeguatamente e tempestivamente affrontato, potrebbe consentire il risanamento e/o il superamento della contingenza.
Nell’ambito della presente riflessione va osservato come la norma in precedenza citata evidenzia anche un’ulteriore situazione in cui può versare l’impresa, quella della “insolvenza probabile” o prospettica. Tale ultima condizione è stata affrontata e trattata da dottrina e giurisprudenza intervenuta ante 15/07/2022[3]. Da tali interventi si desume che al fine di accertare lo stato di insolvenza è necessario valutare non solo la condizione esistente nel momento in cui viene deciso il ricorso a specifico strumento o procedura ma anche il suo prevedibile sviluppo. Dal che ne consegue che solo attraverso la valutazione dell’insolvenza prospettica è possibile chiaramente distinguere tra la vera e propria situazione irreversibile dell’insolvenza e altri stati di mera difficoltà transitoria e quindi potenzialmente reversibile.
La dottrina e la scienza aziendalistica hanno considerato tali diverse situazioni di gravità della crisi o dell’insolvenza che nell’attuale contesto possono essere ricondotte alle diverse e gravi incertezze che accompagnano la vita delle imprese quali la pandemia, l’incontrollato andamento del costo delle materie prime e dell’energia nonché le ricadute che sull’economia mondiale e internazionale sta determinando la guerra Russo/Ucraina etc.
La finalità del legislatore del CCII, si ribadisce, è quella di sensibilizzare l’imprenditore, gli amministratori e gli organi di controllo verso un monitoraggio costante dell’andamento dell’impresa attraverso l’istituzione e il mantenimento di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. 
4 . Conclusioni
Le brevi note che precedono evidenziano, in particolare, i vari stadi di difficoltà che connotano la crisi e l’insolvenza dell’impresa: “Precrisi, crisi, insolvenza prospettica, insolvenza”. Tale ventaglio di evidenze dovrebbe consentire all’imprenditore di potere individuare con maggiore sicurezza e tempismo il percorso più appropriato per gestire la contingenza dell’impresa.

Note:

[1] 
Termine allineato alle indicazioni dell’OIC 11 del marzo 2018 par. 22.
[2] 
F. La Manna in Il codice della crisi e dell’insolvenza dopo il secondo correttivo, Ed. Giuffrè cap. 21.
[3] 
Cassazione 20 novembre 2018 n. 29913: “… Ciò in quanto la circostanza che rileva al fine del riscontro dell’insolvenza è proprio il sussistere di uno stato di: impotenza funzionale e pertanto non meramente transitoria, a soddisfare le obbligazioni inerenti lo svolgimento dell’attività d’impresa …” o ancora Tribunale di Milano, 9/10/2019: “Sussiste, però una zona grigia, un momento in cui la crisi è solo intrinseca, e come fatto esterno non si manifesta ancora con inadempimenti o altri fatti esteriori. Allora diviene importante capire quando si è di fronte a c.d. insolvenza prospettica e, invece, quando si è di fronte a sola crisi di varia entità. L’insolvenza prospettica, creazione tutta dottrinale e giurisprudenziale, è necessariamente legata ad un orizzonte temporale molto contenuto, perché quanto più la prognosi è lontana nel tempo, tanto più si possono inserire nel meccanismo imprenditoriale fattori nuovi ed imprevedibili. Essa è stata sdoganata integralmente come concetto previsionale dalla futura riforma che entrerà in vigore nell’agosto 2020, con un orizzonte temporale semestrale, ma è utilizzata come situazione di pericolo che giustifica la segnalazione interna affidata all’organo di controllo, o giustifica la segnalazione esterna affidata ai grandi creditori istituzionali”.

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