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Abuso del processo nel concordato preventivo di gruppo

Luca D’Apollo, Avvocato in Foggia

18 Ottobre 2023

Visualizza: Trib. Bologna, 14 giugno 2023, Pres. Guernelli, Est. Atzori

Visualizza: Trib. Foggia, 8 febbraio 2023, Pres. Modarelli, Est. Lacatena

L’Autore, prendendo spunto da un recente provvedimento del Tribunale collegiale di Foggia (decreto di rigetto dell’08/02/2023), si sofferma sul tema dell’abuso del concordato preventivo, già nella fase del preconcordato, valutandone i profili applicativi nella nuova ipotesi del concordato di gruppo.
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1 . Premessa
Il presente lavoro si incentra sull’analisi dell’abuso del processo nel concordato preventivo, in commento ad un recente provvedimento del Tribunale di Foggia (decreto di rigetto dell’08/02/2023), che per la prima volta applica l’istituto alla fattispecie del concordato preventivo di gruppo.
Nel caso di specie era stata presentata domanda di concordato preventiva di gruppo e con riserva presentata, con richiesta di misure protettive, da tre società che si manifestavano come un gruppo di imprese ex art. 284 CCII.
Il Tribunale di Foggia, nel provvedimento che qui si commenta, ha dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo di gruppo e con riserva ravvisando il difetto un gruppo di imprese costituito dalle tre società in termini soggettivi, ritenendo che le istanti erano “imprese a sé stanti, con oggetto sociale differente, organi gestori diversi, partecipazioni sociali in capo a soggetti diversi con nessuna relazione partecipativa reciproca (assenza di compenetrazione e commistione soggettiva (…), nessun rapporto di clientela in comune; mancanza di un controllo e/o una direzione comune; sedi legali differenti; assenza di ricavi da fatturato inter-company che avvincano ALFA S.r.l. alle ulteriori due società (ALFA è inattiva, priva di ricavi negli ultimi tre esercizi).”
Particolarmente rilevante, ai fini che qui interessano, è la circostanza, illustrata dalle società ricorrenti, secondo cui a seguito di una scissione asimmetrica societaria avvenuta circa 10 anni prima, l’amministratore dell’azienda storica di famiglia, aveva posto in essere un “passaggio generazionale” in favore del figlio. Allo stesso tempo, tuttavia, le ricorrenti danno atto di aver trascritto nel registro imprese la cessione dell’intero capitale sociale (da figlio a padre) di nominali €.500.000,00 di una delle società richiedenti il concordato di gruppo, quattro giorni prima delle udienze di comparizione fissate nei procedimenti per la liquidazione giudiziale nei confronti di due imprese istanti la domanda di concordato preventivo di gruppo. Circostanza in controtendenza rispetto al passaggio generazionale di 10 anni prima e fonte di interesse del Collegio giudicante.
L’attenzione del Tribunale foggiano si è incentrata, pertanto, sia sulla tempistica dell’operazione di cessione dell’intero pacchetto delle quote sociali (4 giorni prima dell’udienza), sia sulla qualifica soggettiva del cedente e cessionario (padre e figlio, nonché amministratori e soci a vario titolo, delle tre società istanti la domanda di concordato preventivo di gruppo). 
Il tutto porterà il Tribunale ad affermare che tale condotta è “un atto preordinato di abuso dello strumento concordatario”.
2 . Sull’abuso dello strumento concordatario
Efficacemente è stato scritto, «il contratto diviene terreno di elezione della libertà e dell’abuso»[1] ed a questo schema non si sottrarrebbe ogni strumento concorsuale deputato a risolvere negozialmente la crisi d’impresa.[2]
Ai fini della presente analisi, pertanto, ci si soffermerà, in prima battuta, sul tema dell’abuso dello strumento concordatario nella particolare ipotesi della domanda prenotativa in bianco (cd preconcordato)[3].
Nel diritto vivente, creatosi sia nelle aule di giustizia che in dottrina[4], si ritiene comunemente che l’“abuso del processo” inerisca alla condotta di chi «con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, utilizzi strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti». 
In materia di concordato preventivo, può palesarsi un abuso dello strumento concordatario, allorché il debitore persegua lo scopo di differire la dichiarazione di fallimento e non quello di regolare la crisi d’impresa.
Sia il caso di ricordare che vi è abuso nel concordato quando_
- il debitore, nonostante la possibilità concessagli di integrare e modificare la proposta concordataria iniziale, abbia depositato una seconda domanda di concordato dopo la deliberazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma prima della sua pubblicazione[5];
- il debitore abbia riproposto un'ulteriore domanda di concordato, priva di ogni elemento di novità, pochi giorni dopo la risoluzione del concordato inizialmente omologato ma rimasto inadempiuto[6];
- il proponente abbia rinunciato ad una prima proposta di concordato per presentarne un'altra dopo il trasferimento della sede legale all'estero e in presenza di talune istanze di fallimento[7];
- l'imprenditore, a seguito della declaratoria di inammissibilità di una prima proposta concordataria, abbia presentato una nuova proposta con modifiche di carattere meramente formale e marginale[8].
Orbene, da quanto detto emerge che la proposta di concordato deve essere rigettata qualora persegua finalità distorte, in ogni stato della procedura concordataria, anche nella fase del pre-concordato[9] (o domanda prenotativa di concordato) (Cass. n. 7117/2020, considerando n. 11)[10].
3 . Ma il Tribunale può dichiarare l’inammissibilità della domanda prenotativa prima della dichiarazione di apertura del concordato (nel c.d. pre-concordato)?
Al fine di consentire il contraddittorio processuale si è sviluppata in passato una tesi esegetica secondo cui il Tribunale non ha il potere di dichiarare abusivo lo strumento concordatario già nella fase preconcordataria, ossia al momento della presentazione della domanda in bianco con riserva: sarebbe infatti inibito il diritto del debitore di illustrate il piano di concordato ai creditori, così da permette una partecipazione “negoziale” effettiva a tutti i protagonisti del particolare giudizio di concordato.
Al deposito della domanda di concordato, il Tribunale, pertanto, sarebbe tenuto ad effettuare un mero vaglio della documentazione proposta, e al più dovrebbe fissare un’udienza per integrare il contraddittorio, dichiarando, contestualmente, l’apertura del concordato. A sostegno di tale ricostruzione viene invocata l’applicazione dell’art. 47, comma 4 CCII[11]. Concedendo alla norma in parola una lettura estensiva il Tribunale, in caso di carenza probatoria e di allegazione, dovrebbe concedere un termine per integrare la domanda. Ne consegue che potrà essere dichiarata l’inammissibilità della domanda prenotativa del concordato preventivo esclusivamente dopo l’apertura del concordato.
La tesi più volte riproposta in passata è ormai superata da tempo.
Già nella vigenza della legge fallimentare si è ritenuto pacificamente che il Tribunale, in caso di abuso della domanda di concordato, può procedere alla dichiarazione di inammissibilità della proposta ed alla dichiarazione di fallimento, rispettando così, il principio che vuole l’esaurimento della procedura di concordato prima della dichiarazione di fallimento e senza che possa configurarsi eccezione alla regola della deducibilità, in sede di impugnazione della dichiarazione di fallimento, degli eventuali vizi relativi alla declaratoria di inammissibilità della proposta[12].
Non può condividersi l’assunto, secondo cui, a fronte della proposizione della domanda prenotativa di concordato nell’ambito di un procedimento di apertura della liquidazione giudiziale, al Tribunale spetterebbe il solo potere di verificare la completezza della documentazione allegata, non residuando alcun margine di discrezionalità nella decisione sul se concedere o meno il termine per la presentazione della proposta e del piano.
Spartiacque, nella materia in analisi, è stata la sentenza della Cass. S.U. n. 9935/2015[13].
In primis il compito iniziale del Tribunale si sostanzia nel controllo della legalità della procedura instaurata, per cui a fronte di un palese abuso dello strumento processuale il Tribunale può legittimamente non aprire il concordato e dichiararne l’inammissibilità.
Il giudice deve vagliare la presenza di “finalità distorsive”, nell’impiego dell’istituto concordatario, sin dal principio[14]. Infatti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione nel vigore della legge fallimentare (Cass. S.U. 9935/2015) ha rimarcato come la domanda di concordato in bianco, per sua natura, si presti ad essere sfruttata per fini dilatori[15].
È principio di diritto pacifico (Cfr. Cass., Sez. I, 12 ottobre 2018, n. 25602; Cass., Sez. Un., 2015, n. 9935) affermato nel vigore della legge fallimentare, che sebbene il debitore non debba motivare le ragioni del ricorso al deposito della domanda senza piano, laddove emerga fin da subito che questo persegua “una mera ed evidente finalità dilatoria”, il Tribunale ben potrà immediatamente rilevarla, onde evitare di amplificare gli effetti pregiudizievoli dell’abuso del processo ravvisato.
Da quanto detto emerge che la proposta di concordato deve essere rigettata qualora persegua finalità distorte rispetto alla regolazione della crisi, anche qualora lo stadio procedimentale sia quello del cd pre-concordato.
Il tema è stato ampiamente trattato (nella vigenza della legge fallimentare) da Cassazione n. 7117/2020 che smonta la tesi che vi sia una scissione cronologica e strutturale tra la fase preconcordataria e il vero e proprio concordato.
Sul punto la Cassazione ha ribadito che la domanda che introduce il concordato preventivo, pur potendo essere accompagnata dalla contemporanea presentazione di proposta, piano, e attestazione ovvero prevedere un deposito ritardato dei medesimi, rimane comunque unica (dato che anche nella seconda ipotesi essa non deve essere ripresentata) e funge da elemento di riferimento dell'inizio della procedura.
Deponeva in questo senso il combinato disposto della L. fall., art. 161, comma 5, art. 169, e le disposizioni degli artt. 45, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63. Ed ancora l'unica domanda concordataria presentata deve essere tenuta a parametro – ai sensi della L. fall., art. 69 bis, comma 2, per il computo dei termini previsti dalla L. fall., artt. 64 e 65, art. 67, commi 1 e 2, e art. 69 nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo faccia seguito la dichiarazione di fallimento.
Mutatis mutandis la medesima struttura unitaria della domanda di concordato e di continuità logica rispetto alla legge fallimentare la si ritrova oggi all’art. 166 CCII come giustamente rilevato dal Tribunale di Foggia nel decreto dell’08/02/2023.
Da quanto detto consegue che il c.d. preconcordato costituisce non un procedimento autonomo e anticipatorio, prodromico all'introduzione della procedura concordataria vera e propria, ma una mera opzione di sviluppo del concordato, alternativa a quella secondo cui all'imprenditore, che già ha assunto la qualità di debitore concordatario, è concessa la facoltà di procrastinare il deposito di proposta, piano e relativa documentazione[16].
Nella vigenza del CCII l’audizione delle società debitrici ex art. 47, comma 4 CCII, è prevista qualora sia già stato “aperto” il concordato, ossia quando sia stato nominato il Commissario e, se del caso, indicati i termini per il deposito del piano e della documentazione[17].
Sul punto deve registrarsi la più recente giurisprudenza di merito, laddove si è affermato che nel caso di concordato di gruppo in bianco, qualora sia acclarata la mancata allegazione degli elementi essenziali della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo presentata con riserva ex artt. 40 e 44 CCII, il Tribunale deve rigettare la domanda non essendo previsto dal codice la crisi d’impresa dell’insolvenza la concessione di un termine per sanare tale carenza, e non può farsi applicazione, anche analogica dell’art. 47 CCII, in quanto norma di carattere speciale, che consente al Tribunale, dopo il deposito e la proposta e del piano di concedere il termine al ricorrente solo per apportare integrazioni al piano[18].
4 . Conclusioni
Nel provvedimento in commento ai fini dell’accertamento dell’abuso del processo, oltre che sulla cessione di quote nei termini illustrati, il Tribunale di capitanata si sofferma anche sulla condotta processuale delle debitrici. 
È noto che la mera coincidenza temporale tra il deposito di una domanda di concordato preventivo con riserva e l’udienza prefallimentare (e oggi udienza di apertura della liquidazione giudiziale) non possa costituire di per sé indice di un abuso del diritto. Tuttavia, a detta del Collegio foggiano, l’elemento temporale della proposizione della domanda prenotativa assume, nel caso di specie, una connotazione del tutto peculiare, ove si consideri che già nel 2018 e nel 2022 una delle società istanti era stata convenuta in più procedure prefallimentari, poi conclusa con desistenza. Pertanto, già manifestato da tempo lo stato di crisi e insolvenza, nessuna iniziativa era stata intrapresa per il ripianamento dei debiti.
Nell’iter argomentativo del Tribunale il carattere abusivo della domanda prenotativa di concordato in bianco trova evidenza, nei seguenti elementi fattuali: 
(I) l’acclarata conoscenza da parte delle debitrici del proprio stato di crisi;
(II) la proposizione di numerose istanze di fallimento per importi ingenti.
La decisione che si commenta ha il merito di riaffermare il ruolo centrale del collegio fallimentare (oggi concorsuale) sin dalle prime battute del giudizio di concordato preventivo: si sottolinea come già nella delicata fase del preconcordato sia necessaria un’analisi dettagliata di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi illustrati e d allegati dalla debitrice, a cui deve seguire una prognosi in ordine alla liceità dello strumento processuale azionato.
Nella particolare fattispecie del concordato di gruppo il Tribunale di Foggia esclude la sussistenza dei requisiti soggettivi del gruppo di imprese qualora 
- non vi è unicità di soggetti amministratori o gestori delle varie società,
- non c’è mai stata una holding personale (ed è di significato esattamente opposto la scissione asimmetrica ed il passaggio generazionale del 2014), 
- non vi è una holding personale di fatto.
Ma soprattutto dall’analisi sistematica degli elementi fattuali e storici delle varie società il Collegio afferma l’improcedibilità della domanda di concordato laddove ravveda la sussistenza dell’abuso dello strumento processuale nell’ipotesi di cessione di quote a ridosso dell’udienza per l’apertura giudiziale delle società debitrici effettuata da padre a figlio, che non trova nessuna giustificazione imprenditoriale ed anzi cozza con il passaggio generazionale voluto dal fondatore dell’azienda “di famiglia” in virtù di una scissione asimmetrica societaria con gemmazione.

Note:

[1] 
F. Di Marzio, Abuso nella concessione del credito, Napoli, 2004, 122. Sia consentito richiamare anche lo scritto di S Pacchi, L’abuso del diritto nel concordato preventivo, in Giust. Civ.,2015, 4, la quale ricorda che già Alfredo Rocco nella sua Prefazione a Il concordato nel fallimento e prima del fallimento, Torino, 1902, a proposito dei concordati, lanciava l’allarme sullo strumento concordatario perché «dal punto di vista pratico ci offre, accanto al beneficio di una soluzione più rapida, più semplice, meno costosa del fallimento dichiarato o imminente, il pericolo di frodi da parte dei debitori di mala fede, e di soprusi da parte dei creditori disonesti o rapaci».
[2] 
Così testualmente S. Pacchi, L’abuso del diritto nel concordato preventivo, in Giust. Civ., 2015, 4. Sul tema in generale della contrattazione quale modalità per la risoluzione delle crisi di impresa si rimanda a G. Costantino, La gestione della crisi d’impresa tra contratto e processo, in F. Di Marzio-F. Macario (a cura di), Autonomia negoziale e crisi d’impresa, Milano, 2011, 209; F. Macario, Insolvenza del debitore, crisi dell’impresa e autonomia negoziale nel sistema della tutela del credito, ivi, 19; G. Vettori, Il contratto sulla crisi d’impresa, ivi, 233; F. Di Marzio, Autonomia negoziale e nuove regole sulla crisi e sulla insolvenza dell’impresa, in M. Vietti-F. Marotta-F. DI Marzio (a cura di), Riforma fallimentare. Lavori preparatori e obiettivi, Torino, 2007, 17. G. Rossi, in Centro Nazionale di prevenzione e difesa sociale, Convegno di Studio, Courmayeur 23-24 settembre 2005, Crisi dell’impresa e riforme delle procedure concorsuali, Milano, 2006, 11.
[3] 
Sul tema dell’abuso nel concordato preventivo si veda S. Pacchi, L’abuso del diritto nel concordato preventivo, in Giust. Civ., 2015, 4, F. Pasquariello, Contro il sindacato sul c.d. abuso del diritto nel concordato preventivo, in Ilfallimentarista.it, 26 febbraio 2014, 1, F. Cordopatri, L’abuso del processo, voll. I-II, Padova, 2000; in materia concorsuale v., anche per riferimenti, R. Amatore, L’abuso del diritto nelle procedure concorsuali, in Officina del diritto – Società e fallimento, Milano, 2015.
[4] 
Sul tema dell’abuso del diritto cfr.: A. Gambaro, Abuso del diritto. II) Diritto comparato e straniero, in Enc. giur., I, Roma, 1988; AA.VV., L’abuso del diritto, in Diritto privato, 1977, Padova, 1998; V. Giorgianni, L’abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963; C.M. Mazzoni, Atti emulativi, utilità sociale, abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1969, II, 606 ss.; D. Messinetti, Abuso del diritto, in Enc. dir., Aggiornamento, II, Milano, 1998, 1 ss.; U. Natoli, Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento giuridico italiano, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 37 ss.; S. Patti, Abuso del diritto, in Dig., disc. priv., Torino, 1987, 2 ss.; G. Pino, Il diritto e il suo rovescio. Appunti sulla dottrina dell’abuso del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 2004, 25 ss.; P. Rescigno, L’abuso del diritto, Bologna, 1998, 13 ss.; C. Restivo, Contributo ad una teoria dell’abuso del diritto, Milano, 2007; S. Romano, Abuso del diritto, in Enc. dir., I, Milano, 1958, 168 ss.; M. Rotondi, L’abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1923, 105 ss.; R. Sacco, L’esercizio e l’abuso del diritto, in G. Alpa-M. Graziadei-A. Guarneri-U. Mattei-P.G. Monateri-R. Sacco, Il diritto soggettivo, Torino, 2001, 281 ss.; C. Salvi, Abuso del diritto. I) Diritto civile, in Enc. giur., I, Roma, 198.
[5] 
Cass. 30539/2018.
[6] 
Cass. 25210/2018.
[7] 
Cass. 5677/2017.
[8] 
Cass. 3836/2017.
[9] 
In tal senso si veda anche Tribunale di Novara – Sez. Civ. – 25 febbraio 2016 che nella vigenza della legge fallimentare ha affermato che “In caso di proposizione da parte del debitore di una istanza ex art. 161, comma 6, l. fall., nell’ambito di una procedura prefallimentare già pendente a suo carico, il tribunale deve valutare preliminarmente detta istanza e, qualora ne ravvisi il carattere abusivo, la dichiarerà inammissibile, verificando in un secondo momento i presupposti di legge per la declaratoria di fallimento, secondo un excursus processuale analogo a quello delle ipotesi legali di pronunce negative sulle domande di concordato preventivo”.
[10] 
Nell’ipotesi di abuso dello strumento di concordato, quando cioè lo scopo del debitore non sia in realtà quello di regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma piuttosto e solo quello di differire la dichiarazione di fallimento, la proposta di concordato si deve considerare inammissibile, secondo i principi affermati dalla Cassazione in tema di abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti (Cass. s.u. 15 novembre 2007, n. 23726; Cass. 2 ottobre 2013, n. 22502; Cass. 22 gennaio 2014, n. 1271, Cass. S.U. n. 9935/2015).
[11] 
Sulle prime applicazioni dell’art 47 CCII si rinvia a Tribunale Milano, 11 maggio 2023, in Il Fall., 8-9, 2023, 1141 e ss, laddove il tribunale afferma secondo il disposto dall’art. 47, comma 1, lettera B CCII nella fase di apertura della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale il controllo del tribunale è limitato alla ritualità della proposta da intendersi come verifica della legittimità della stessa e non ha ad oggetto la fattibilità del piano; il tribunale può, tuttavia, dichiarare inammissibile la domanda di accesso alla procedura quando sia evidente e, dunque, manifesta la idoneità del piano alla soddisfazione dei creditori, come proposta dal debitore, e dalla conservazione dei valori aziendali. Si veda altresì Tribunale di Treviso 16 marzo 2023 , in in Il Fall., 8-9, 2023,1142.
[12] 
Così nella vigenza della legge fallimentare Tribunale di Novara – Sez. Civ. – 25 febbraio 2016.
[13] 
Sul punto già Cassazione Sezioni Unite con la sentenza n. 9935/2015 aveva rilevato come proprio il pre-concordato può prestarsi ad usi distorsivi e dilatare i tempi della emersione della crisi, e pertanto il Tribunale deve verificare già in fase pre-concordataria la presenza di profili di abuso del diritto.
[14] 
La Corte di Cassazione (Cass. 12 marzo 2020, n. 7118) ricorda che in sede concordataria, integra gli estremi dell’abuso del processo la condotta di chi, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, utilizzi strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti. In particolare, in questo peculiare ambito procedurale, i termini dell’abuso sono ravvisabili allorquando lo scopo perseguito nel concreto dal debitore non sia quello di regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma quello di differire la dichiarazione di fallimento.
[15] 
Sul punto si richiama il principio di diritto espresso dal Tribunale di Bologna sez. IV, nella sentenza del 05 luglio 2021 secondo cui nel concordato preventivo, l’eventuale condotta abusiva può verificarsi durante tutta la fase della procedura, sin dal momento del deposito della domanda prenotativa di concordato.
[16] 
App. Milano, sez. IV, 04/02/2015; Trib. Roma, Sez. fallimentare, 20 febbraio 2013; Trib. Monza, 21 gennaio 2013.
[17] 
Giova sottolineare che l’art. 284, comma 4 CCII che impone alla parte istante la domanda di concordato il dovere di “fornire informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le imprese e indicare il registro delle imprese o i registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell’articolo 2497-bis cc.”. Ebbene tale norma è applicazione del principio generale dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., che incombente sul debitore, e che si pone in linea con l’altro principio di origine giurisprudenziale, in forza del quale il debitore è soggetto ad un obbligo di disclosure qualora voglia beneficiare in corso di pre-concordato di istituti che sarebbero senz’altro ammessi nel corso di concordati definitivi.
[18] 
Tribunale di Treviso 16 marzo 2023 , in in Il Fall., 8-9, 2023,1142 laddove il Tribunale afferma che in caso di mancata allegazione degli elementi essenziali della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo presentata con riserva ex artt. 40 e 44 CCII il Tribunale deve rigettare la domanda non essendo previsto dal codice la crisi d’impresa dell’insolvenza la concessione di un termine per sanare tale carenza e non potendo farsi applicazioni, anche analogica dell’art. 47 CCII che consente al Tribunale, dopo il deposito e la proposta e del piano di concedere il termine al ricorrente solo per apportare integrazioni al piano.

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  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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del trattamento dei dati personali

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