Abuso del processo nel concordato preventivo di gruppo
Luca D’Apollo, Avvocato in Foggia
18 Ottobre 2023
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Visualizza: Trib. Bologna, 14 giugno 2023, Pres. Guernelli, Est. Atzori
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Sommario:
Nel caso di specie era stata presentata domanda di concordato preventiva di gruppo e con riserva presentata, con richiesta di misure protettive, da tre società che si manifestavano come un gruppo di imprese ex art. 284 CCII.
Il Tribunale di Foggia, nel provvedimento che qui si commenta, ha dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo di gruppo e con riserva ravvisando il difetto un gruppo di imprese costituito dalle tre società in termini soggettivi, ritenendo che le istanti erano “imprese a sé stanti, con oggetto sociale differente, organi gestori diversi, partecipazioni sociali in capo a soggetti diversi con nessuna relazione partecipativa reciproca (assenza di compenetrazione e commistione soggettiva (…), nessun rapporto di clientela in comune; mancanza di un controllo e/o una direzione comune; sedi legali differenti; assenza di ricavi da fatturato inter-company che avvincano ALFA S.r.l. alle ulteriori due società (ALFA è inattiva, priva di ricavi negli ultimi tre esercizi).”
Particolarmente rilevante, ai fini che qui interessano, è la circostanza, illustrata dalle società ricorrenti, secondo cui a seguito di una scissione asimmetrica societaria avvenuta circa 10 anni prima, l’amministratore dell’azienda storica di famiglia, aveva posto in essere un “passaggio generazionale” in favore del figlio. Allo stesso tempo, tuttavia, le ricorrenti danno atto di aver trascritto nel registro imprese la cessione dell’intero capitale sociale (da figlio a padre) di nominali €.500.000,00 di una delle società richiedenti il concordato di gruppo, quattro giorni prima delle udienze di comparizione fissate nei procedimenti per la liquidazione giudiziale nei confronti di due imprese istanti la domanda di concordato preventivo di gruppo. Circostanza in controtendenza rispetto al passaggio generazionale di 10 anni prima e fonte di interesse del Collegio giudicante.
L’attenzione del Tribunale foggiano si è incentrata, pertanto, sia sulla tempistica dell’operazione di cessione dell’intero pacchetto delle quote sociali (4 giorni prima dell’udienza), sia sulla qualifica soggettiva del cedente e cessionario (padre e figlio, nonché amministratori e soci a vario titolo, delle tre società istanti la domanda di concordato preventivo di gruppo).
Il tutto porterà il Tribunale ad affermare che tale condotta è “un atto preordinato di abuso dello strumento concordatario”.
Ai fini della presente analisi, pertanto, ci si soffermerà, in prima battuta, sul tema dell’abuso dello strumento concordatario nella particolare ipotesi della domanda prenotativa in bianco (cd preconcordato)[3].
Nel diritto vivente, creatosi sia nelle aule di giustizia che in dottrina[4], si ritiene comunemente che l’“abuso del processo” inerisca alla condotta di chi «con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, utilizzi strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti».
In materia di concordato preventivo, può palesarsi un abuso dello strumento concordatario, allorché il debitore persegua lo scopo di differire la dichiarazione di fallimento e non quello di regolare la crisi d’impresa.
Sia il caso di ricordare che vi è abuso nel concordato quando_
- il debitore, nonostante la possibilità concessagli di integrare e modificare la proposta concordataria iniziale, abbia depositato una seconda domanda di concordato dopo la deliberazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma prima della sua pubblicazione[5];
- il debitore abbia riproposto un'ulteriore domanda di concordato, priva di ogni elemento di novità, pochi giorni dopo la risoluzione del concordato inizialmente omologato ma rimasto inadempiuto[6];
- il proponente abbia rinunciato ad una prima proposta di concordato per presentarne un'altra dopo il trasferimento della sede legale all'estero e in presenza di talune istanze di fallimento[7];
- l'imprenditore, a seguito della declaratoria di inammissibilità di una prima proposta concordataria, abbia presentato una nuova proposta con modifiche di carattere meramente formale e marginale[8].
Orbene, da quanto detto emerge che la proposta di concordato deve essere rigettata qualora persegua finalità distorte, in ogni stato della procedura concordataria, anche nella fase del pre-concordato[9] (o domanda prenotativa di concordato) (Cass. n. 7117/2020, considerando n. 11)[10].
Al deposito della domanda di concordato, il Tribunale, pertanto, sarebbe tenuto ad effettuare un mero vaglio della documentazione proposta, e al più dovrebbe fissare un’udienza per integrare il contraddittorio, dichiarando, contestualmente, l’apertura del concordato. A sostegno di tale ricostruzione viene invocata l’applicazione dell’art. 47, comma 4 CCII[11]. Concedendo alla norma in parola una lettura estensiva il Tribunale, in caso di carenza probatoria e di allegazione, dovrebbe concedere un termine per integrare la domanda. Ne consegue che potrà essere dichiarata l’inammissibilità della domanda prenotativa del concordato preventivo esclusivamente dopo l’apertura del concordato.
La tesi più volte riproposta in passata è ormai superata da tempo.
Già nella vigenza della legge fallimentare si è ritenuto pacificamente che il Tribunale, in caso di abuso della domanda di concordato, può procedere alla dichiarazione di inammissibilità della proposta ed alla dichiarazione di fallimento, rispettando così, il principio che vuole l’esaurimento della procedura di concordato prima della dichiarazione di fallimento e senza che possa configurarsi eccezione alla regola della deducibilità, in sede di impugnazione della dichiarazione di fallimento, degli eventuali vizi relativi alla declaratoria di inammissibilità della proposta[12].
Non può condividersi l’assunto, secondo cui, a fronte della proposizione della domanda prenotativa di concordato nell’ambito di un procedimento di apertura della liquidazione giudiziale, al Tribunale spetterebbe il solo potere di verificare la completezza della documentazione allegata, non residuando alcun margine di discrezionalità nella decisione sul se concedere o meno il termine per la presentazione della proposta e del piano.
Spartiacque, nella materia in analisi, è stata la sentenza della Cass. S.U. n. 9935/2015[13].
In primis il compito iniziale del Tribunale si sostanzia nel controllo della legalità della procedura instaurata, per cui a fronte di un palese abuso dello strumento processuale il Tribunale può legittimamente non aprire il concordato e dichiararne l’inammissibilità.
Il giudice deve vagliare la presenza di “finalità distorsive”, nell’impiego dell’istituto concordatario, sin dal principio[14]. Infatti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione nel vigore della legge fallimentare (Cass. S.U. 9935/2015) ha rimarcato come la domanda di concordato in bianco, per sua natura, si presti ad essere sfruttata per fini dilatori[15].
È principio di diritto pacifico (Cfr. Cass., Sez. I, 12 ottobre 2018, n. 25602; Cass., Sez. Un., 2015, n. 9935) affermato nel vigore della legge fallimentare, che sebbene il debitore non debba motivare le ragioni del ricorso al deposito della domanda senza piano, laddove emerga fin da subito che questo persegua “una mera ed evidente finalità dilatoria”, il Tribunale ben potrà immediatamente rilevarla, onde evitare di amplificare gli effetti pregiudizievoli dell’abuso del processo ravvisato.
Da quanto detto emerge che la proposta di concordato deve essere rigettata qualora persegua finalità distorte rispetto alla regolazione della crisi, anche qualora lo stadio procedimentale sia quello del cd pre-concordato.
Il tema è stato ampiamente trattato (nella vigenza della legge fallimentare) da Cassazione n. 7117/2020 che smonta la tesi che vi sia una scissione cronologica e strutturale tra la fase preconcordataria e il vero e proprio concordato.
Sul punto la Cassazione ha ribadito che la domanda che introduce il concordato preventivo, pur potendo essere accompagnata dalla contemporanea presentazione di proposta, piano, e attestazione ovvero prevedere un deposito ritardato dei medesimi, rimane comunque unica (dato che anche nella seconda ipotesi essa non deve essere ripresentata) e funge da elemento di riferimento dell'inizio della procedura.
Deponeva in questo senso il combinato disposto della L. fall., art. 161, comma 5, art. 169, e le disposizioni degli artt. 45, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63. Ed ancora l'unica domanda concordataria presentata deve essere tenuta a parametro – ai sensi della L. fall., art. 69 bis, comma 2, per il computo dei termini previsti dalla L. fall., artt. 64 e 65, art. 67, commi 1 e 2, e art. 69 nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo faccia seguito la dichiarazione di fallimento.
Mutatis mutandis la medesima struttura unitaria della domanda di concordato e di continuità logica rispetto alla legge fallimentare la si ritrova oggi all’art. 166 CCII come giustamente rilevato dal Tribunale di Foggia nel decreto dell’08/02/2023.
Da quanto detto consegue che il c.d. preconcordato costituisce non un procedimento autonomo e anticipatorio, prodromico all'introduzione della procedura concordataria vera e propria, ma una mera opzione di sviluppo del concordato, alternativa a quella secondo cui all'imprenditore, che già ha assunto la qualità di debitore concordatario, è concessa la facoltà di procrastinare il deposito di proposta, piano e relativa documentazione[16].
Nella vigenza del CCII l’audizione delle società debitrici ex art. 47, comma 4 CCII, è prevista qualora sia già stato “aperto” il concordato, ossia quando sia stato nominato il Commissario e, se del caso, indicati i termini per il deposito del piano e della documentazione[17].
Sul punto deve registrarsi la più recente giurisprudenza di merito, laddove si è affermato che nel caso di concordato di gruppo in bianco, qualora sia acclarata la mancata allegazione degli elementi essenziali della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo presentata con riserva ex artt. 40 e 44 CCII, il Tribunale deve rigettare la domanda non essendo previsto dal codice la crisi d’impresa dell’insolvenza la concessione di un termine per sanare tale carenza, e non può farsi applicazione, anche analogica dell’art. 47 CCII, in quanto norma di carattere speciale, che consente al Tribunale, dopo il deposito e la proposta e del piano di concedere il termine al ricorrente solo per apportare integrazioni al piano[18].
È noto che la mera coincidenza temporale tra il deposito di una domanda di concordato preventivo con riserva e l’udienza prefallimentare (e oggi udienza di apertura della liquidazione giudiziale) non possa costituire di per sé indice di un abuso del diritto. Tuttavia, a detta del Collegio foggiano, l’elemento temporale della proposizione della domanda prenotativa assume, nel caso di specie, una connotazione del tutto peculiare, ove si consideri che già nel 2018 e nel 2022 una delle società istanti era stata convenuta in più procedure prefallimentari, poi conclusa con desistenza. Pertanto, già manifestato da tempo lo stato di crisi e insolvenza, nessuna iniziativa era stata intrapresa per il ripianamento dei debiti.
Nell’iter argomentativo del Tribunale il carattere abusivo della domanda prenotativa di concordato in bianco trova evidenza, nei seguenti elementi fattuali:
(I) l’acclarata conoscenza da parte delle debitrici del proprio stato di crisi;
(II) la proposizione di numerose istanze di fallimento per importi ingenti.
La decisione che si commenta ha il merito di riaffermare il ruolo centrale del collegio fallimentare (oggi concorsuale) sin dalle prime battute del giudizio di concordato preventivo: si sottolinea come già nella delicata fase del preconcordato sia necessaria un’analisi dettagliata di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi illustrati e d allegati dalla debitrice, a cui deve seguire una prognosi in ordine alla liceità dello strumento processuale azionato.
Nella particolare fattispecie del concordato di gruppo il Tribunale di Foggia esclude la sussistenza dei requisiti soggettivi del gruppo di imprese qualora
- non c’è mai stata una holding personale (ed è di significato esattamente opposto la scissione asimmetrica ed il passaggio generazionale del 2014),
- non vi è una holding personale di fatto.
Ma soprattutto dall’analisi sistematica degli elementi fattuali e storici delle varie società il Collegio afferma l’improcedibilità della domanda di concordato laddove ravveda la sussistenza dell’abuso dello strumento processuale nell’ipotesi di cessione di quote a ridosso dell’udienza per l’apertura giudiziale delle società debitrici effettuata da padre a figlio, che non trova nessuna giustificazione imprenditoriale ed anzi cozza con il passaggio generazionale voluto dal fondatore dell’azienda “di famiglia” in virtù di una scissione asimmetrica societaria con gemmazione.
Note: