Continuità aziendale diretta o indiretta: vero “presupposto” e finalità della Composizione Negoziata?
In particolare, il seguente contributo del Prof. IORIO:
“Qualche ulteriore considerazione sul D.L. 118/2021, e ora sulla legge 21 ottobre 2021 n. 147” in
www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 1 dicembre 2021 (IORIO cita anche come a sé favorevole: RANALLI
“Comportamento dell’imprenditore e il ruolo dell’esperto anche alla luce del decreto dirigenziale” in IlFalllimentarista - in corso di pubblicazione) ha messo in discussione le mie conclusioni su presupposti e finalità della Composizione Negoziata.
Afferma il Prof. IORIO alle pp. 4-5 del suo articolo (mio il grassetto):
“
Tutto sta nell’intendersi sulla corretta interpretazione del concetto di insolvenza reversibile: l’imprenditore è insolvente allorché non è in grado, con le proprie forze (comprensive della capacità di ottenere credito in modo corretto), di far fronte alle obbligazioni correnti in modo puntuale e regolare. Se tuttavia sussistono fondate prospettive di un accordo con i creditori che valga a consentire il pagamento dei debiti nella misura ridotta e con i tempi concordati, l’insolvenza può ritenersi reversibile[8]. Il recupero della continuità aziendale può essere uno degli obiettivi e, al tempo stesso, un mezzo per superare lo stato di insolvenza, ma l’uscita da una condizione di insolvenza potrebbe intervenire anche attraverso una liquidazione controllata o il trasferimento dell’azienda a terzi[9]. In altri termini: se è vero che la composizione negoziata è stata costruita essenzialmente per offrire un percorso agile verso il superamento degli squilibri, gravi o meno gravi, nei quali è caduta l’impresa, non è men vero che l’accordo possa comportare l’adozione di un piano condiviso per la liquidazione del patrimonio aziendale, con l’ovvio abbandono della continuità aziendale."
Ed invero, l’Illustre Autore, se non l’ho frainteso, prefigura il possibile “atterraggio” della Composizione Negoziata, come appunto dice il Prof. IORIO (e parrebbe dica anche il Dott. RANALLI), in un accordo che comporti l’adozione di un piano condiviso per la liquidazione del patrimonio aziendale, con l’ovvio abbandono della continuità aziendale.
Viceversa, ritenevo che, nell’intento del Legislatore, la Composizione Negoziata abbia come effettivo “presupposto” oggettivo non tanto la situazione in cui si trova l’imprenditore: pre-crisi, crisi o insolvenza reversibile (è infatti sempre tale quella che possa essere composta con un accordo con i creditori), quanto che l’azienda possa essere risanata (i.e.: il debito che la riguarda divenire sostenibile) restando in continuità di esercizio:
- per tutta la durata della Composizione Negoziata, mentre si cerca una soluzione concordata alla situazione di difficoltà dell’imprenditore, se del caso anche tramite un affitto ponte; e
- dopo di essa per effetto delle soluzioni che saranno state concordate, consistenti anche nel suo acquisto, in continuità di gestione, da parte di un terzo.
Tale convincimento mi derivava da numerosi riferimenti alla continuità aziendale presenti nel D.L. 118/2021 e nel Decreto del 28 settembre 2021.
Per citare i più significativi:
- art. 9, comma 1, secondo periodo D.L. 118/2021: “Nel corso delle trattative l'imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa. L'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività. Quando … risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. ...”
e dunque, finanche in stato d’insolvenza, la gestione dell’impresa è prevista come in (doverosa) continuità;
- art. 4, comma 5, D.L. 118/2021: “L'imprenditore ha il dovere … di gestire il patrimonio e l'impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori.”;
- art. 5, comma 3, D.L. 118/2021: “L'imprenditore, al momento della presentazione dell'istanza, inserisce nella piattaforma telematica: [omissis]
b) una relazione chiara e sintetica sull'attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative industriali che intende adottare;”
e 6 mesi (rectius: 180 giorni) dura il percorso della Composizione Negoziata, salvo proroghe.
Vi sono poi le autorizzazioni dell’art. 10 D.L. 118/2021, tutte correlate alla funzionalità (comma 1) o alla necessaria conservazione (comma 2) della continuità aziendale, e l’art. 8 D.L. 118/2021 il quale prevede che la società di capitali, di cui pure si stima possibile l’insolvenza (seppure reversibile), possa esonerarsi dall’obbligo “ricapitalizza o liquida”, ma non anche da quello di proseguire nella gestione tramite lo scioglimento e la messa in liquidazione.
Da ultimo, il più felice esito della “procedura” è la stipula di un contratto che dà continuità aziendale per due anni ed il più infausto un concordato liquidatorio.
Anche la Relazione al D.L. 118/2021 nel suo incipit in tema di composizione negoziata così si esprime: “Il nuovo strumento è denominato “composizione negoziata della crisi”. Si tratta di un percorso … con il quale si intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, … , hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa.”.
Il Decreto è poi intriso di continuità (anche indiretta).
Invero, il punto 2.7. della Sez. 3^, nei casi più gravi (T.D.R. a 5-6 anni/M.O.L. prospettico negativo), dice possibile il risanamento, e con esso i presupposti per dar corso (o continuare) la Composizione Negoziata, solo se vi siano concrete manifestazioni d’interesse per l’acquisto dell’azienda dell’imprenditore, non dei singoli cespiti che la compongono con dissoluzione della sua continuità di gestione.
Del resto, i casi che il Dott. RANALLI indica come ipotesi di insolvenza (irreversibile) e che, se male non ho compreso, nell’ambito della Composizione Negoziata, potrebbero essere trattati con lo scioglimento e la liquidazione dell’imprenditore collettivo (i.e.: (i) continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) assenza di valore del compendio aziendale), sono appunto ritenuti incompatibili con l’avvio/la prosecuzione della nuova “procedura”. Tanto dice il punto 2.6. della Sez. 3^ del Decreto che, al loro ricorrere, precisa che: “…le probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote indipendentemente dalle scelte dei creditori, e dunque (che) in questi casi è inutile avviare le trattative.”.
E dunque: la continuità aziendale durante la Composizione Negoziata ed alla sua conclusione, anche per il tramite della cessione dell’azienda funzionante, costituiscono un “presupposto” inderogabile della Composizione Negoziata stessa o l’autonomia privata può imprimere al percorso qualunque altra soluzione purché si consegua l’obbiettivo della “sistemazione” del debito?
Credo che sul punto si debba fare chiarezza.
Infatti, che deve fare l’esperto se in esordio o in costanza di percorso gli viene prospettata la soluzione indicata dal Prof. IORIO e dal Dott. RANALLI: deposita la relazione finale, stante l’impossibilità del risanamento in continuità o dà corso/prosegue nelle trattative per verificare il possibile accordo sulla sistemazione del debito?
A me parrebbe che la Composizione Negoziata se la possano “meritare” soltanto gli imprenditori, meglio le imprese che, seppure per il tramite di altro imprenditore, possano avere continuità di gestione.
Questo, fors’anche, per imporre all’imprenditore in difficoltà un forte stimolo ad intervenire con assoluta tempestività nel governo dei suoi squilibri.
Avv. Ernesto Suardo
[8] “Come chiaramente traspare dalla Relazione illustrativa, non è uno stato di insolvenza a rendere impraticabile l’impiego della composizione negoziata ma la sua reversibilità nell’ottica del risanamento dell’impresa. Vi è però un momento in cui l’insolvenza assume carattere di irreversibilità ed è il momento in cui viene constatato che le risorse occorrenti per rendere sostenibile il debito, comprese quelle messe a disposizione dai creditori attraverso il riconoscimento di stralci o di conversione in equity, non possano conseguire un ritorno adeguato che tenga conto del costo del rischio che si assume colui che le mette a disposizione (il c.d. ‘premio per il rischio)”: così RANALLI, Il comportamento dell’imprenditore, cit. La diffusa convinzione che il concetto di insolvenza reversibile sia utilizzabile per definire il presupposto della procedura di amministrazione straordinaria è evidente frutto di un errore concettuale: non si può ritenere reversibile un’insolvenza che trovi la sua soluzione nella cessione dell’attivo a qualsiasi prezzo purché compatibile con la prospettiva del recupero della continuità aziendale per la parte del complesso produttivo ceduta e nella totale pretermissione delle attese dei creditori, impediti per di più dalla possibilità di esprimere in alcun modo la loro volontà. Sul tema v., per tutti, MEO, Il risanamento finanziato dai creditori, Milano, 2013, passim. Giustamente avverte ancora Ranalli, op. cit.: “sono assai remote le probabilità che l’insolvenza sia reversibile, indipendentemente dalle scelte dei creditori, se si sia in presenza: (i) di una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) dell’indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) dell’assenza di valore del compendio aziendale. Ma in tal caso, se l’imprenditore è una società, la delibera di scioglimento e di messa in liquidazione consentirà l’utilizzo del tempo necessario per la liquidazione del patrimonio, purché con tempi ragionevoli, per il pagamento integrale dei debiti”.[9] Mi sia consentito di rinviare alle osservazioni svolte in La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Dir. Fall., 2019, 290.”.